Terremoto politico in Emilia Romagna

Bonaccini__operai_e_imprenditori_insieme_1414817886738di Dino Angelini

(24.11.14, ore10,50)

Aspettando l’analisi dei flussi, che ci dirà dei micro e dei macro-movimenti, cerco di esplicitare le mie prime impressioni.

La cosa peggiore è l’affermazione della Lega. Anche se sulla sua affermazione ha giocato lo spazio che i media nazionali e locali hanno VOLUTO dare a Salvini; mentre la consegna (si, la consegna!) era di tacere su Tsipras. Ho l’impressione che dietro questa strategia mediatica ci sia stata l’esigenza di mettere paura ad un elettorato che si sapeva in uscita, in modo che almeno una parte di esso tornasse all’ovile.

Sull’astensionismo a mio modo di vedere hanno giocato vari fattori:

– innanzitutto, ed in maniera decisiva il passaggio dal PD al renziano Partito della Nazione (cioè all’alleanza con Berlusconi), che qui ha innescato una profonda crisi d’identità nell’elettorato: lo si vedeva raccogliendo le firme per la presentazione delle liste.

– In secondo luogo le ruberie varie e i cedimenti nei confronti delle mafie!!

– Infine la crisi, che qui è arrivata tardi ma ora c’è, è dura e nessuno sembra capace di mettere in piedi manovre anticicliche decenti. Anzi sembra che non ci sia alcuna preoccupazione della crisi: cazzi loro! dei perdenti! degli operai sfigati!

Questo per quanto riguarda le cause immediate che hanno alla fine innescato l’astensione.

L’innesco nel tempo però è da ricercare nelle ragioni di fondo dell’alleanza del ’94 fra PDS e Margherita. Ragioni che partono dalla svolta della Bolognina che -non dimentichiamolo – chiuse non solo con il PCI, ma anche con il riformismo realizzato nelle regioni rosse, e in special modo proprio qui da noi in Emilia, buttando così via l’acqua sporca col bambino dentro, come si dice.

E saltando a piè pari oltre l’ostacolo, cioè verso derive sempre più esplicitamente neoliberiste. Cosicché nel vuoto di una propria elaborazione politica che recuperasse la recente gloriosa tradizione riformista, il PDS divenne a poco a poco un po’ prodiano, cioè neoliberista soft. Un po’ più volgarmente democristiano, soprattutto a partire dalla gestione del precariato come serbatoio di nuove clientele, dapprima in concorrenza con gli “ex-DC democratici” poi sempre più insieme a loro mano a mano che le vecchie identità si scoloravano nel grigiore indistinto della quotidianità amministrativa.

Si è andato così creando nel tempo un nuovo blocco sociale intorno a queste nuove clientele (che poi sono parte consistente di quel 18% che, nonostante tutto, è andato a votare PD, e cespugli annessi). Intorno alle nuove clientele; alla privatizzazione, alla clericalizzazione e – in alcuni casi – alla dismissione del welfare; alla cementificazione delle città e alle grandi opere spesso con pericolosissime infiltrazioni mafiose (a Reggio Emilia per 10 anni il capocantiere della costruenda Mediopadana era un mafioso senza che nessuno se ne sia mai accorto); alla distruzione del territorio; alla finanziarizzazione dell’economia con conseguente perdita di posti di lavoro; all’attacco ai beni comuni, ed in primo luogo all’acqua.

Si è fatto in fondo come voleva lo stato centrale, sia quando a guidarlo era il centrodestra, sia quando era il centrosinistra. Insomma l’Emilia Romagna si è mostrata ancora una volta prima in tutto: quarant’anni fa nella costruzione di un welfare locale d’eccellenza; oggi – con altrettanto zelo – in un’opera di demolizione di cui i nuovi governanti locali vanno fieri.

Nuovi governanti che, a partire dagli esordi della II Repubblica, dapprima si sono dilaniati in una specie di lotta fratricida fra gli Orazi (militanti ed amministratori ex-DC) ed i Curiazi (ex-PCI) che ha visto gli ex-PCI fatti fuori o inglobati, uno alla volta, a seconda della loro capacità di “adattamento” al nuovo corso.

In un secondo momento la formazione una nuova classe dirigente, composta da gli homines novi emiliano – romagnoli senza principi che abbiamo sotto gli occhi sui quali il renzismo ha affondato il coltello come nel burro, arruolandoli tutti o quasi.

A questi avventurieri non importa molto a mio avviso dell’astensione di massa: si apprestano a governare confidando su ulteriori forzature istituzionali antidemocratiche alle quali il loro capo sicuramente sta già pensando.

In questo marasma l’Altra Emilia Romagna, snobbata dalla stampa e da tutti, ottiene un risultato pari a quello delle europee ed elegge un consigliere! Dici poco!! Da ora in poi in Regione c’è chi rappresenta quella ancor piccola, ma significativa parte del mondo del lavoro che l’ha sostenuta in campagna elettorale; ma, spero, sempre più anche quella maggioranza che con la propria astensione ha fatto una sonora pernacchia a Renzi, al suo Partito della Nazione e ai suoi asserviti potentati locali.

Questa è l’impegnativa consegna per Piergiovanni Alleva – il nostro eletto in Regione – e per noi tutti dell’Altra Emilia Romagna e dell’Altra Europa con Tsipras.

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2 risposte

  1. luciano cesare ha detto:

    Condivido in parte l’analisi di Angelini ma solo in parte. E’ un errore ritenere “senza principi” dei politici che hanno “altri” principi,altri rispetto a quelli dominanti in 40 anni di Storia.Il PCI è finito,i principi sono in parte cambiati,restano validi quelli del socialismo liberale,non più valido lo statalismo,non più valida la noncuranza per le troppe tasse,per i debiti pubblici che aumentavano nell’indifferenza del PCI.. La minoranza PD deve avvettare il fatto di essere minoranza,dovrà darsi da fare per diventare maggioranza..o,se preferisce,farà l’ennesima scissione..vedremo alle elezioni se prevarrà la linea “di destra” di Renzi o quella della tradizionale sinistra o quella esttrema…Io ho fiducia nella linea renziana,nonostante riconosca errori nella politica di Renzi

  2. giuseppe ha detto:

    Penso che l’astensionismo non sia tanto il distacco dalla politica, il menefreghismo, le ruberie varie…quanto il disorientamento di molti di fronte a una realtà (politica, economica, valoriale, sociale, sindacale…) che blatera, urla ma non ha nulla di convincente, realistico, solidale… da offrire e proporre come plausibile e attuabile. Non ci sono proposte disinteressate che vadano a beneficio dei singoli in difficoltà o che semplicemente vogliono realizzare qualcosa. Tutto viene sempre giocato sul piano dell’interesse personale e settario o sull’altare del potere strategico e “mafioso”. E allora c’è forse un tentativo di ricercare più in se stessi, nel particolare, nel microcosmo personale, con le proprie capacità, intuizioni, combinazioni, strategie… più che confidare nella comunità, nel partito, nella società. Non ci si fida più di nessuno e si aspetta al limite che gli altri facciano per criticare e svalutare. Renzi dice di voler fare ma finora ha fatto poco. Se saprà fare di più (lui o qualche altro) e realizzare disinteressatamente azioni a vantaggio dei singoli e del loro futuro allora magari ci potrebbe essere un ricupero di fiducia nella politica.

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