i nidi, la destra, il PD e le femministe

di Dino Angelini

Leggo su Repubblica l’articolo: “Cinque metri quadri per bimbo – l’asilo nido diventa low cost” .. e mi permetto di fare alcune considerazioni:

1. certo la situazione emiliana non è così grave come quella lombarda o come quella laziale, ma anche qui da noi il modello il sistema integrato fra asili pubblici e asili privati e asili convenzionati (e sussidiati dai comuni) rischia sempre più di annacquare pesantemente contenuti, metodi e strumenti di cui andavamo fieri;

2. la logica che è alla base del modello integrato emiliano di fatto consegna ad un privato prevalentemente cattolico la cura di una parte consistente dei piccoli. Poiché la percentuale dei piccolissimi che accedono al nido è rimasta in Emilia sostanzialmente invariata rispetto a 20 anni fa (secondo Repubblica siamo sempre al 30%) ciò significa che in vent’anni i comuni emiliani hanno rinunciato a sostenere adeguatamente un modello di educazione precoce moderatamente policentrica che era fiorita nel ventennio precedente, consegnando al privato, oltre che i bambini da educare, anche sostanziosi contributi, a partire dai quali il privato oggi può permettersi rette più basse rispetto al pubblico. Tanto ci pensano i comuni ad integrare. Insomma i comuni fanno come Tafazzi, o come l’Eautontimorùmenos: il punitore di se stesso!

3. Oggi il mancato rinnovo degli investimenti da parte dello stato sulla prima infanzia si riflette pesantissimamente sia sui nidi pubblici che su quelli privati, che rischiano entrambi di scomparire o – come ricorda nello stesso articolo Lorenzo Campione, del coordinamento nazionale nidi –  di essere ridotti alle pure funzioni assistenziali. E’ indubbio che tutto ciò si riflette sul futuro dei nostri bambini e sul presente delle loro famiglie, ed in special modo delle loro madri che rischiano non solo di essere defraudate di un sostegno per l’educazione dei loro figli, ma anche di essere ancora più marginalizzate dal mercato del lavoro e con ciò di perdere uno dei presupposti più importanti sui quali si è costruita nel tempo la loro autonomia.

4. Che i reazionari facciano affari sulla pelle dei bambini e desiderino il ritorno “a casa” delle donne è nell’ordine delle cose, come nell’ordine delle cose è che la chiesa tenda a riappropriarsi di terreni dai quali era stata emarginata, almeno in alcune regioni d’Italia. Si comprendono meno le ragioni dei progressisti laici, e molto meno il disinteresse delle femministe su questo tema e su altri simili.

5. Il PD sta in piedi in base ad un accordo che nasce da lontano, e che su questi temi (famiglia, sociale) aveva rovesciato a favore del privato e dei “preti” il teorema della sussidiarietà (per iniziativa di gente come la Turco!); così come sulla bioetica, sulla 194, etc. aveva sostanzialmente abiurato a qualsiasi opzione laica sacrificando sull’altare dell’intesa con i cattolici ogni principio ed ogni ragionamento progressista.

6. Rimane da comprendere come mai il movimento femminista, che pure sulla 194 qui a Reggio pare essersi risvegliato da un lungo sonno, non intervenga sul tema della socializzazione policentrica precoce, cioè sul tema dei nidi, che pure è stato uno dei cavalli di battaglia della generazione che qui in Emilia proprio le donne laiche e progressiste hanno fortemente voluto negli anni 50 e 60 e saputo far nascere e far crescere, a partire dall’inizio degli anni ’70.

Reggio Emilia, 12.4.11

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