Sulla grande contraddizione urbanistica che oggi si vive nelle nostre città

di Stefano Mazzi

(contributo alla discussione di “Cambiare si può”)

Reggio E. 14.12.12

Uno dei punti programmatici dell’appello di “Cambiare si Può” ci sollecita alla predisposizione di un grande progetto di riconversione ecologica dell’economia e di riassetto del territorio.

E’ infatti sotto gli occhi di tutti la grande contraddizione urbanistica che oggi si vive nelle nostre città, città che sono ormai diventate ostaggio di piani regolatori datati e assolutamente non in linea con le reali esigenze abitative, produttive, commerciali, del nostro territorio e della nostra società.

Noi vediamo che, anziché diffondere e promuovere linee guida volte al recupero del patrimonio esistente, alla ristrutturazione di edifici esistenti, le nostre amministrazioni sono entrate sempre più nella logica perversa dello smercio, del trasferimento, della dislocazione di nuove e vecchie volumetrie, dove per volumetrie si intendono gli indici di edificabilità, tutto questo a fronte del pagamento di quelle comunemente vengono chiamate perequazioni, cioè somme in denaro oppure in opere pubbliche che vengono richieste ai costruttori come una sorta di “compensazione” per il danno ambientale derivato.

In pratica il Comune rilascia al costruttore il permesso di costruire, ma in cambio gli chiede, ad esempio, la realizzazione di una pista ciclabile, oppure la ri-asfaltatura di una strada, un’altra opera di comparto, o addirittura una somma in denaro che poi utilizza per finanziare la spesa sociale che, guarda caso, è in grande sofferenza a causa dei tagli governativi.

Ora voi capite che questo meccanismo ha qualcosa che non va. In questo modo quel bene comune che chiamiamo “territorio” è di fatto svenduto e diventa oggetto, da una parte di interessi privati fortissimi e dall’altra di un velato ricatto a cui sono soggette le amministrazioni che rischiano di non poter più erogare i servizi sociali (altro bene comune)  se non hanno entrate sufficienti per rispettare il vincolo del pareggio di bilancio.

Come si risolve quindi questa situazione? Come si riconverte l’economia in modo ecologico?

Io credo che la logica e il buonsenso ci consentano di definire alcuni cardini fondamentali (o pilastri, come li chiama Guido Viale, uno dei promotori del nostro appello in un bellissimo articolo sul Manifesto di qualche mese fa) sui quali innestare una vera ed efficace politica ambientale alternativa.

Promuovere e sostenere piani regolatori a indice zero. Nelle città e nei comuni della penisola è necessario incentivare il più possibile opere di riconversione e recupero (nel pieno rispetto dei vincoli artistici, culturali e paesaggistici) anziché favorire nuove e devastanti cementificazioni che consumano suolo agricolo e, soprattutto in periodi di crisi, contribuiscono all’aumento dell’invenduto, che è comunque in ogni caso, vista la vigente legislazione, non utilizzabile. A Roma per esempio, il sindaco Alemanno sta approvando la costruzione di 66 mila nuovi alloggi, pari a più di 23 milioni di metri cubi che cancelleranno per sempre oltre 2000 ettari di terreno agricolo. Tutto questo avviene, in piena continuità con il patto per Roma della giunta Veltroni, in una città dove si prevedono circa 250 mila sfratti nei prossimi 3 anni

Favorire le coltivazioni biologiche, territoriali, a km 0, non intensive. L’agricoltura intensiva può provocare un accumulo di residui salini che a lungo andare rovina irrimediabilmente il terreno. Ogni anno nel mondo a causa della salinizzazione e dell’eccessiva irrigazione va perduta un’area grande quasi due volte la Svizzera.

Fermare le grandi opere. Faraoniche e inutili, sono sempre state sinonimo di cattiva gestione, inefficienza, ritardi e spreco di soldi pubblici. Piuttosto che una costosa linea ad alta velocità che, dopo aver rovinato il territorio e leso la sicurezza dei cittadini di una regione intera, permetterà solo a pochi ricchi uomini d’affari di spostarsi a proprio piacimento tra Italia e Francia non è forse meglio potenziare il vero trasporto pubblico, quello usato tutti i giorni dalla stragrande maggioranza dei viaggiatori pendolari? E potenziare inoltre le linee ferroviarie per il trasporto delle merci consentirebbe di limitare l’invasione della gomma sulle nostre strade e autostrade.

Riappropriarsi dei servizi pubblici essenziali. Le amministrazioni dovrebbero essere aiutate ad uscire dalla spirale della privatizzazione dei servizi. Negli ultimi anni tutti i governi che si sono succeduti hanno cercato di convincerci che non era più economicamente sostenibile per un ente locale gestire i servizi direttamente, che occorreva fare entrare il privato, che solo con il privato si potevano garantire gli investimenti necessari a far funzionare i servizi. Poi, contro questo pensiero unico che ovunque andava per la maggiore, ci sono stati due eventi importantissimi che lasciano ben sperare:

–      1) a Napoli, con il sindaco De Magistris, si è completato in brevissimo tempo un progetto di ri-pubblicizzazione dell’acqua; questo può insegnare qualcosa a molti, anche qui da noi a Reggio Emilia.

–    2) c’è stato un referendum che di fatto ha stabilito che gli italiani preferiscono la gestione diretta, perché credono che sia più economica, e che dia loro anche la possibilità di esercitare un controllo più puntuale

Sul referendum devo dire di essere davvero indignato: milioni di cittadini si sono espressi, democraticamente e senza dubbio alcuno, e noi siamo qua a dover mettere nel nostro programma elettorale che vogliamo “il rispetto pieno e immediato dei referendum 2011 sui beni comuni e contro la vendita ai privati dei servizi pubblici locali”? Ma in quale altro paese al mondo sarebbe successa una cosa del genere? Ma perché su questo tema non si alza indignata anche la voce del Presidente Napolitano?

Presidente, dica qualcosa! Non taccia, così come ha taciuto sulla vergognosa discriminazione a cui sono stati sottoposti gli operai di Pomigliano iscritti alla Fiom. Sia davvero garante della nostra Costituzione Repubblicana, ci rappresenti tutti e non solamente i grandi potentati economici e finanziari che stanno mandando in rovina il mondo e l’intera umanità.

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