Sinistra Italiana e la sinistra reggiana

abcdi Dino Angelini

Reggio Emilia, 20.5.16

 

Mi è giunta nei giorni scorsi qualche sollecitazione ad intervenire al battesimo del gruppo reggiano di “Sinistra Italiana” (d’ora in poi S.I.). E poiché nutro molti dubbi sulla reale natura di questo nuovo soggetto politico. che pure a Reggio comprende compagne e compagni con i quali negli ultimi anni ho fatto varie battaglie politiche, ci tengo ad intervenire. Ma, siccome non ho il dono della facondia, ed anzi tendo ad essere intemperante quando mi capita di parlare in pubblico, dirò ciò che penso con questo scritto.

I miei dubbi sono innanzitutto sulla natura di vertice che a livello nazionale ha assunto il progetto, natura che a mio avviso è in profonda discrasia con il processo di gestazione che ci condusse alla nascita dapprima di Alba, e poi dell’Altra Europa. Ho l’impressione cioè che si tenda a ritornare alla logica degli accordi di vertice, la cui ultima espressione fu l’infelice esperienza dell’Arcobaleno.

La cosa però che più mi colpisce sia a livello nazionale che locale è il fatto che molto pochi sono gl’indizi che attestano un reale cambiamento; mentre moltissimi sono quelli che alimentano il timore che ci troviamo di fronte all’ennesimo processo di auto-riciclaggio di un ceto politico, che più che al rilancio della sinistra pensa a quello proprio.

A livello nazionale pesa a mio avviso, oltre che la natura verticistica e burocratica del processo aggregativo, il fatto che rimane avvolta in una fitta nebbia la questione sulla quale si sono arenati tutti i processi aggregativi finora tentati: e cioè quella relativa alla possibilità o meno dell’alleanza col PD (che oltretutto nel frattempo è diventato il PD renziano).

Finché permane questo stato d’incertezza -come è possibile rimarcare anche nelle odierne oscillazioni di S.I. sul piano delle alleanze nelle prossime amministrative- diventa difficile pretendere di rappresentare coloro che sono tartassati dal renzismo! tant’è vero che al massimo si punta ad ottenere percentuali da prefisso telefonico.

Ma se passiamo dalle nebbie italiane a quelle emiliane ecco che, a ben guardare, muniti del fendinebbia della critica, la situazione appare –almeno ai miei occhi- fin troppo chiara. E il punto di partenza –come ho avuto modo di dire altre volte- per me è nell’atteggiamento sostanzialmente codista che tutta la sinistra radicale nostrana (non solo Sel: anche se soprattutto Sel) ha avuto nei confronti delle politiche del PDS – DS – PD praticamente per tutti i 25 anni della seconda repubblica.

Politiche che, di fronte al pericolo berlusconiano, si sono basate, con Prodi prima e con i suoi epigoni poi, su di un approccio ai problemi sostanzialmente incentrato su di un neo-liberismo soft venato di clientelismo di marca democristiana. E basato, a Reggio come a Bologna, su una alleanza fra ex PCI ed ex DC che fin dagli esordi mirò a comporre e solidificare un blocco sociale fondato su quattro pilastri, senza che la sinistra radicale contrapponesse a questa politica alcuna alternativa. Questi quattro pilastri sono, a mio modo di vedere, i seguenti:

– la speculazione edilizia che ha cementificato le città, incanalandole sempre più in una vera a propria situazione di stress ecologico, oltre che di rischio da un punto di vista della legalità: vedi in particolare a Reggio il discorso sull’Area Nord e sulla stazione mediopadana. Il tutto nella ‘disattenzione’ generale. Disattenzione che per un movimento che vuol essere di sinistra mi pare sia assai grave poiché sintomatica di una carenza di analisi della realtà che pure si ha sotto gli occhi;

– la finanziarizzazione dell’economia, il suo allontanamento dall’economia reale e dal territorio locale, e la creazione di un mercato del lavoro che appare sempre più incentrato sul precariato a partire dalle piante organiche degli enti locali stessi; che in questo modo, invece di contrastare il fenomeno, lo usano massicciamente a fini clientelari, e allo stesso modo lo utilizzano in tutte le ‘partecipate’ profit e no profit che a vario titolo sono state create in questi anni, aggirando i vincoli di bilancio e spesso creando inutili doppioni e triploni (basta citare l’operazione ASP, che vide partecipi pezzi dei gruppi dirigenti sia di SEL che di Rifonda);

– l’assalto ai beni comuni, che ha in Iren e in Hera i suoi capisaldi, e che consiste essenzialmente nella finanziarizzazione dei servizi e nella privatizzazione dell’acqua in tandem con l’alta finanza italiana e vaticana (questo è stato l’unico punto sul quale c’è stato a Reggio un impegno che ha coinvolto anche compagni di SEL e Rifondazione, ma a titolo personale, e all’interno di un pensiero critico che nasceva nel comitato locale e non nei partiti); .

– E da ultimo la sostanziale privatizzazione e, per molti versi, clericalizzazione del welfare locale, che nel caso di Reggio parte dalla convenzione con il privato nelle scuole dell’infanzia per giungere più di recente alle ASP (Aziende di Servizi alle Persone), alla ormai prossima privatizzazione delle Farmacie Comunali, etc. – Ed anche su questo piano non mi pare di aver ascoltato pensieri critici e di avere notato azioni conseguenti, neanche da parte del sindacato che si è lasciato sfilare il welfare fra le dita come fosse sabbia.

Il tutto all’interno di un quadro normativo degli EELL che, a partire dalla legge Bassanini e dalle altre norme per gli EELL tipiche della Seconda Repubblica (ad es. quella che riguarda le ASP di cui sopra), dà amplissimo margine di manovra ai Sindaci e ai Presidenti nella definizione degli appalti, al di fuori di ogni controllo da parte delle opposizioni e della cittadinanza.

E in una società in rapidissima trasformazione che ha visto la regione, nell’arco di due sole generazioni, affrontare trasformazioni radicali: passaggio da una società prevalentemente agricola, a una società industriale e poi sempre più terziarizzata e multietnica. Ed anche su questo piano i partiti della sinistra radicale reggiana si sono rivelati incapaci di elaborare un pensiero critico ed un’azione conseguente.

Quindi qual è stato il nerbo dell’azione politica della sinistra radicale emiliana e reggiana?  Avevo cercato di dire la mia in una lettera scritta con Deliana Bertani ed inviata al Manifesto nell’aprile 2009: Sinistra radicale e welfare locale – Confermo quanto detto allora e constato che la forza residua di cui disponiamo oggi sul piano del consenso da allora si sia ulteriormente assottigliata, a mio avviso proprio per questa assenza di visione prospettica autonoma e per la reiterata e ormai afosa tendenza da parte del gruppo dirigente a voler mettere gli interessi di ceto davanti a quelli di coloro che si pretende di volere rappresentare.

Fortunatamente va nascendo un’altra sinistra locale al di fuori di questi ormai logori lidi. Una sinistra che si propone finalmente di fare un’analisi attuale della situazione attuale, in base alla quale definire una linea politica che sia aderente ai bisogni reali delle classi subalterne, e chiaramente alternativa al PD.

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