La sinistra reggiana è oggi fuori dalla logica di subordinazione tipica della seconda repubblica?

sin.regdi Dino Angelini

 

La sinistra radicale reggiana, così come quella emiliano-romagnola ha cogestito, spesso in maniera piattamente subordinata, i governi locali con le forze maggioritarie del centrosinistra, e da ultimo col PD.

A Reggio Emilia, in particolare: – Rifondazione è stata in maggioranza fino alla prima giunta Delrio (avendo in mano parte dell’assessorato per l’edilizia!!); – mentre Sel lo è stata fino a 5\6 mesi fa.

In Regione parte degli epigoni di Sel sono ancora in giunta.

Negli ultimi tempi a livello nazionale, ma anche a livello locale, sono nate varie esperienze che hanno tentato di rompere, più o meno timidamente, con questo andazzo. Insomma ciò che oggi appare fuori della casamatta della militanza è una carenza di pensiero autonomo, realmente nuovo e radicale. Cioè in grado di delineare una linea di alternativa al pensiero ed all’azione devastatrice che i centrosinistra locali emiliano-romagnoli hanno svolto durante la seconda repubblica. Si può dire, anzi, che questo periodo sia stato caratterizzato da una propensione a distruggere quanto realizzato qui da noi nel periodo precedente così pervasiva da apparire come l’esatto contrario della vis construens precedente.

In sintesi ciò che ha caratterizzato a mio avviso l’esperienza della seconda repubblica in Emilia e Romagna in maniera sempre più netta è un’alleanza fra gli ex-PCI e gli  ex-DC che che ha dato vita ad un nuovo centrosinistra che nasce a Reggio, come un po’ dappertutto in regione, ad opera di un nuovo blocco sociale che s’incardina intorno ai seguenti vettori:

– la speculazione edilizia che va cementificando le città, incanalandole sempre più in una vera a propria situazione di stress ecologico, oltre che di rischio da un punto di vista della legalità: vedi in particolare a Reggio il discorso sull’Area Nord e sulla stazione mediopadana, nonché ciò che va emergendo intorno al processo Aemilia;

– la finanziarizzazione dell’economia ed il suo doppio allontanamento dall’economia reale e dal territorio locale, che a Reggio da qualche tempo vede come protagoniste perfino le coop, che in questo modo si vanno sempre più allontanando dalla loro funzione di ammortizzatori sociali. Ciò ha determinato una profonda discontinuità con quello che fu negli anni ‘70 il comportamento dei protagonisti del boom economico emiliano e reggiano di allora che – non dimentichiamolo – reinvestivano nell’innovazione e nella produzione locali;

– l’assalto ai beni comuni, che ha in Iren e in Hera i suoi capisaldi, e che consiste essenzialmente nella  finanziarizzazione dei servizi e nella privatizzazione dell’acqua in tandem con l’alta finanza italiana e vaticana.

– E da ultimo la sostanziale privatizzazione e, per molti versi, clericalizzazione del welfare locale, che nel caso di Reggio parte dall’importazione del modello bolognese di convenzione con il privato nelle scuole dell’infanzia per giungere più di recente  alle ASP (Aziende di Servizi alle Persone), alla privatizzazione delle Farmacie Comunali, etc. –

In tutti questi anni la nostra sinistra radicale – tranne rare eccezioni (il Movimento per l’acqua pubblica!) non ha mai detto una parola critica chiara su tutto questo, si è limitata ad occupare posti di governo (e spesso di sottogoverno: gli enti di secondo grado!!), e sul piano pratico ha mostrato di curare prevalentemente i propri interessi di ceto. Ragion per cui ha finito col perdere progressivamente quei consensi che inizialmente aveva.

Nei trenta minuti delle propria introduzione al Brancaccio Tomaso Montanari ha criticato chiaramente e pesantemente tutto l’impianto neoliberista del centrosinistra di questi 25 anni elencando la lunga serie di attacchi al lavoro, al welfare, all’equità fiscale etc. etc. Ripropongo qui il suo intervento:

 

Lo ripropongo perché o noi facciamo  un simile percorso critico ed autocritico, con una disamina collettiva di ciò che è stato fatto, e di quello che invece non è stato fatto, e delle ragioni di fondo che erano – e in certo qual modo sono ancora – alla base di quelle nostre scelte, oppure siamo destinati a riproporre la solita minestra riscaldata.

Abbiamo potenzialmente, come dice Montanari, un bacino enorme! Un’auto che ha cinque o sei marce, dico io, ma col cambio in folle al massimo possiamo dare gas! facendo magari tantissimo rumore, ma rimanendo sostanzialmente dove già da tempo immemorabile colpevolmente siamo.

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