Fra studio e lavoro: la contestazione difficile

di Vincenzo Calì

Su sollecitazione di Dino Angelini  alla nota sul sessantotto a Torino di Marco Revelli, con riferimenti autobiografici, aggiungo una mia personalissima.  A Milano meno teoria e più azione pratica : l’alfabetizzazione politica fu più rudimentale rispetto a Torino: un ricordo di quei mesi. Con il 1967, conseguito il diploma superiore, lascio una promettente e brillante carriera al Dipartimento di ricerca della Carlo Erba per buttarmi a corpo morto nell’avventura universitaria: ingegneria chimica al Politecnico di Milano.

Il ’67 è un anno di turbolenze in Università e fuori; manifestazioni contro la guerra in Vietnam, contestazione del disegno di legge di riforma universitaria ( il famoso 2314), primi accenni di dialogo fra studenti e operai. Nella cappa goliardica insopportabile del Politecnico, grazie agli studenti e ai docenti più aperti di architettura, si aprono vistose brecce già nell’autunno del ’67. Con la pronta adesione alla lista “movimento studentesco” in occasione dell’elezione degli organismi rappresentativi universitari inizia la mia carriera politica ( fino ad allora il ruolo di rappresentanza si era limitato a quello di capoclasse al Molinari).

Inizio non folgorante, se vogliamo avvisaglia di una difficoltà strutturale a raccogliere consenso: tre voti di preferenza e ultimo della lista. Per fortuna gli organismi rappresentativi scompaiono (ricordo, in vista delle elezioni studentesche, un ultimo parlamentino verso novembre’67 con la presenza fra gli altri dei giovani liberali ) e così nell’azione non strutturata del movimento studentesco trovo il mio ruolo. Un anno, quello del ’68, segnato da un attivismo massacrante: fra assemblee al quadrifoglio, manifestazioni cittadine (vedi foto allegata) partecipazione al coordinamento cittadino del movimento studentesco, occupazioni di architettura ed ingegneria, il tempo per gli esami scarseggia.

Alla fine dell’anno saranno due passati (disegno e chimica generale) e uno no ( analisi matematica, dopo una contestazione dell’esame, forse la prima e anche l’ultima di quell’anno al Poli, decisione presa in vista del cambio di università). Intanto bisogna anche guadagnarsi da vivere e faccio per quattro mesi il turnista notturno alla STIPEL (società telefonica). Mi becco, insieme ad altri dodici fortunati, una denuncia per la manifestazione a largo Gemelli, davanti all’università cattolica, denuncia poi derubricata da Saragat insieme ad altre 35.000 di quel periodo.

Ci si può chiedere perché proprio quei dodici furono allora denunciati fra le centinaia di studenti universitari fermati per aver partecipato alla manifestazione di protesta per la cacciata dei “Re magi” (Spada, Capanna e Pero) dalla Cattolica. Forse fu un criterio, tutto poliziesco, di equa distribuzione fra le università milanesi. In quell’occasione, sdraiatomi per terra lungo le rotaie del tram, mi guadagno un bel bernoccolo in testa, una notte al fresco in quella che prese in seguito il nome di “caserma Annarumma” (in ricordo del milite della celere caduto in via Larga durante l’autunno caldo), in compagnia di Mario Capanna e di un bel gruppo di universitari. La vicenda si chiuse con un poco edificante interrogatorio in questura (nulla da dichiarare da parte mia riguardo le manganellate prese, pur di lasciare in fretta la Questura).

Il trasferimento alla facoltà di Sociologia di Trento a fine ottobre  ’68 mi porta in una dimensione ben diversa da quella milanese: molta teoria e poca pratica movimentista: siamo in piena sperimentazione, con la cogestione dei corsi fra studenti e docenti e la proposta di foglio di lavoro a firma di Mauro Rostagno e Renato Curcio. Unica contestazione di rilievo quella del 3 novembre in occasione della visita del Presidente Saragat giunto a Trento con il pacco dono dei 500 milioni per la costruzione dell’auditorium nel 50° dell’unione di Trento all’Italia.

Sopravvivo  con i quattro soldi della segreteria studenti lavoratori (in compagnia di Augusto Bloise e con Noris Nervosi  generosa datrice di lavoro) e le indagini di mercato alla Makrotest, mentre partecipo assiduamente ai seminari autogestiti,(in particolare uno seguito  fra gli altri da Peter Schneider e  Alberto Bonfietti) Partecipo alla  battaglia interna al movimento schierandomi fra i soggettivisti contro gli oggettivisti, fino alla riunificazione delle due correnti che porta all’abbandono della sperimentazione alberoniana e all’allineamento del movimento trentino alla realtà nazionale ormai diretta verso l’autunno caldo sindacale, Il primo maggio concordo con la Questura il percorso del corteo studentesco, conclusosi pacificamente in piazza Duomo (vedi foto allegata).

L’inasprirsi del conflitto di studenti e operai contro lo Stato nelle sue articolazioni mi porta a ritenere conclusa l’esperienza di movimento studentesco che in Trentino porta alla nascita nell’autunno del movimento di “Lotta Continua”.   Il 12 dicembre 1969 con la strage di Piazza Fontana fu per me come per tantissimi altri la presa d’atto che finiva l’esperienza movimentista di massa . Il 6 gennaio   partenza per il servizio militare. Rimangono amicizie nate in  quei  due anni che mezzo secolo di pur dolorose vicende italiane non hanno minimamente scalfito.

(nella foto qui sopra Vincenzo, Ettore Camuffo e Gianni Palma con un presunto ambasciatore del movimento statunitense! dicembre ’68)

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