L’ordito e la trama

Dino Angelini

27.4.13

– Nella primavera del 2011 Berlusconi, dapprima titubante, presenta la candidatura Draghi alla BCE.

– A partire dal Giugno 2011 inizia la guerra dello spread: i titoli italiani improvvisamente si ritrovano sotto attacco; dirà poi Tremonti ‘la linea di prudenza di fronte alla crisi, che fino ad allora aveva permesso all’Italia di tenere, viene abbandonata e di fatto si forma una nuova cabina di regia che fa capo a Berlusconi e Brunetta e che opta imprudentemente per un’economia allegra che dovrebbe servire a sostenere la popolarità di Berlusconi’.

– l’Italia tenta una prima manovra correttiva, ma Trichet e Draghi dicono che non basta: da allora la politica economica del governo Berlusconi e -come vedremo fra un po’– quella di Monti vengono letteralmente dettate dal duo Draghi – Trichet, sembra anche in base a richieste che vengono dall’interno del governo italiano (Brunetta?).

– Ma – sorpresa! – il punto centrale delle famosa lettera è l’anticipazione al 2013 del pareggio di bilancio: proprio il contrario della politica berlusconiana “allegra” e “d’attacco” che aveva portato in angolo Tremonti.

– Lo spread continua a salire, la situazione diventa drammatica, o – come si dirà in seguito – viene artatamente resa drammatica. E a questo punto – siamo ai primi di Novembre – Napolitano fa due cose: chiama Monti e accetta le dimissioni di Berlusconi. Il quale stranamente, di fronte all’ennesimo smottamento dei suoi, invece di prender tempo e cercare le solite compravendite per rimanere a galla,  “si rassegna”. Lo fa solo perché si è andato ad incartare con la BCE? Oppure ci sono altri interessi da difendere che lo frenano?

– Monti, che poi “orgogliosamente” si vanterà di un’autonomia che non ha mai avuto, in effetti parte con il programma BCE, che viene accettato de facto anche da tutte le forze che lo sostengono.

-Eccolo: oltre al pareggio di bilancio anticipato al 2013, vi è la richiesta di raggiungere un deficit pubblico pari all’1% del prodotto interno lordo nel 2012, con una manovra di una cinquantina di miliardi di euro in un solo anno.  Rendere più severi i criteri per ottenere le pensioni di anzianità e di allungare l’età pensionabile delle donne nel settore privato in modo da avere risparmi di bilancio già nel 2012.  Ridurre significativamente il costo degli impiegati pubblici, rafforzando le regole sul turnover e, se necessario, riducendo gli stipendi.  Rivedere le norme sulle assunzioni e i licenziamenti dei lavoratori applicando l’intesa del 28 giugno tra la Confindustria e i sindacati, ma inasprendola.  Attuare la piena liberalizzazione degli ordini professionali e dei servizi pubblici locali, prevedendone la privatizzazione su larga scala.   Abolire le Province.

– Nel PD, che nel 2010 aveva (a dir la verità controvoglia) firmato il patto di Vasto e aperto i festival estivi dell’Unità alla raccolta delle firme per il referendum contro il porcellum, si verifica uno slittamento verso l’accettazione del progetto BCE, che prevede le larghe intese e l’abbandono dell’ipotesi “elezioni subito”. Si tratta del solito tira e molla fra la linea aperta da Prodi (unire, sia pure a fatica tutta la sinistra) e quella, sempre perdente, Rutelli – Fassino – Veltroni – e da ultimo Renzi) di sfondamento al centro.

– Nella primavera 2012 viene affossato il referendum sul porcellum, con dei cavilli ma anche perché i partiti giurano solennemente di voler procedere al suo superamento in parlamento.

– Nell’estate del 2012, nonostante la sanguinosa mattanza di lavoratori, esodati e pensionati, Monti si ritrova con lo spread di nuovo alto, ma stavolta la BCE interviene a salvare l’Italia e i suoi bond: evidentemente Monti era più affidabile di Brunetta.

– L’avvicinarsi delle elezioni permette al redivivo Berlusconi di scaricare tutta la responsabilità del disastro su Monti, che in un primo tempo sembrava volere allearsi con il PD alle ormai prossime elezioni. Ipotesi svanita mano a mano che dalla battaglia delle primarie emergeva la vittoria di Bersani e la sconfitta del neo-inciucista Renzi, apparentemente concorrenziale agl’inciucisti storici, ma in effetti loro complice poi: nelle manovre che porteranno alla messa fuori gioco di Bersani.

– Napolitano ritorna in campo molto attivo e repentinamente (sempre per via dello spread) opera come nel novembre precedente: – evita di far cadere il governo in parlamento; e spinge per una chiusura anticipata delle camere.

– Col primo evento permette a Monti di gestire le elezioni, ma sopratutto di continuare ad agire nell’Europa delle banche per conto dell’Italia, ed in Italia per conto dell’Europa delle banche.

– Col secondo ottiene per l’immediato: – la caduta per 4 giorni (!) dei referendum sul lavoro (non c’è che dire: un presidente amico dei lavoratori!); – e il tentativo di messa in mora dei grillini (che capiscono e reagiscono affannosamente, ma efficacemente per comporre le liste) e della sinistra radicale (che guidata da burocrati inetti non ce la fa ad organizzarsi per il meglio).

– Ma -ciò che più conta- con la votazione a febbraio ottiene di potere mantenere di lì a pochi mesi la gestione personale del dopo elezioni!

– Dopo le elezioni infatti evita accuratamente di concedere a Bersani, ma anche al M5Stelle un qualsiasi credito. E, di fronte all’intestardirsi di Bersani, s’inventa una soluzione – quella dei saggi – che solo in questi ultimi giorni è apparsa per quello che era: la preparazione dell’inciucio.

– Poi i veti incrociati di D’Alema su Prodi e di Renzi su Marini, e l’ostracismo di tutti su Rodotà (reo di essere indipendente da tutti, ma soprattutto dal potere della finanza) permettono la caduta di Bersani, ed ecco che dal cilindro degl’inciucisti di sempre emerge la riconferma del loro padrino che accetta – bontà sua- la rielezione solo in quanto li può letteralmente “ricaptare” con la soluzione del governo Letta.

– Si va ora a vele spiegate (e con Quagliariello alle riforme istituzionali!!) verso una sanzione formale di ciò che sta avvenendo nei fatti: il progressivo scivolamento della repubblica parlamentare verso una repubblica presidenziale, di cui fra l’altro non si vedono i necessari contrappesi. E’ per questo che né Napolitano, né Letta né i nuovi padroni del DP hanno accettato la dizione del governo Letta come “governo di scopo”.

Da ciò che ci è dato sapere questa è la trama e questo l’ordito. Siamo all’interno di un golpe bianco e strisciante? Honi soit qui mal y pense?

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