Prospezioni – The Renzie’s show

Dino Angelini

25.2.14

A Reggio il passaggio dall’ultima consigliatura della Zarina alla prima di Delrio da una parte è avvenuta, come ho cercato di dire in un altro mio post, sotto il segno di una continuità programmatica. Dall’altra – dopo un periodo iniziale tutto tarallucci e vino che, ad esempio, poche settimane dopo l’elezione di Delrio portò la Zarina a dirigere la Manodori – ad una specie di spoils system all’italiana che condusse gradualmente alla sostituzione della vecchia classe dirigente locale d’origine comunista con un sempre più nutrito gruppo di ex popolari confluiti nel PD, che nel decennio ha invaso come una gramigna ogni carega e careghina disponibili (provate a fare un salto in comune per accertarvene).

Gli ex-Dc, muovendosi sempre compatti si sono trovati di fronte, più che una vecchia classe dirigente coesa introno ad un programma, un insieme di individualità, espressione di un coacervo di frazioni e conventicole, già smembrate da precedenti lotte intestine, e perciò ormai prive di ogni pur vago proposito unitario. E che in questi anni o sono state “asfaltate” (come si dice oggi), oppure – specie negli ultimi tempi – hanno cambiato casacca e sono diventate renziane.

Una specie di battaglia fra gli Orazi e i Curiazi locali che la dice lunga sul significato reale dello spoils system operato da Delrio. Battaglia che sotto certi aspetti in questo momento politico si va riproponendo a livello nazionale, cioè in un contesto molto più ampio e complesso di quello reggiano.  Se questa ipotesi fosse fondata – mi sono detto – ciò che è accaduto nei dieci anni scorsi a Reggio Emilia ci potrebbe offrire un quadro prospettico di ciò che può accadere a livello nazionale.

– Certo, Renzi è passato con le primarie sia a Firenze che a Roma, mentre Delrio ottenne lo scettro per vie sotterranee in cambio della stella di sceriffo generosamente offerta dal PD bolognese a Cofferati. E questo fa una bella differenza. Ma, come Delrio, Renzi da una parte tende ad iterare il programma delle larghe intese con Berlusconi, dall’altro attraverso uno spietato spoils system sta marginalizzando la vecchia guardia ex-DS, per sostituirla con degli homines novi (e delle donne nuovissime) di provata fede. E di dubbia competenza: proprio come Delrio ha fatto a RE.

– Renzi tende sempre più a sostituire la dialettica democratica con le dichiarazioni ad effetto sui media, che mettono l’apparato di fronte al fatto concluso. L’apparato e, ciò che più conta, il parlamento: dal Job Act all’inciucio con Berlusconi. Lo stesso in sedicesimo ha fatto Delrio qui a Reggio nonostante i tanti propositi iniziali di rilancio della partecipazione: Gardner, Rifkin, e tanti premi Nobel, tanti nomi illustri che nulla sapevano di ciò che stava realmente accadendo in città, a coprire con l’ausilio di battage pubblicitari stratosferici le grandi opere reggiane, a partire dall’Area Nord.

– Entrambi si sono mossi in un vuoto programmatico, che Delrio tendeva a infiorettare con roboanti parole che di fatto coprivano la privatizzazione e la clericalizzazione del welfare, la finanziarizzazione dell’acqua pubblica, la cementificazione della città, la crescente subordinazione delle imprese locali alle commesse pubbliche derivanti dalle grandi opere. Che Renzi si è potuto permettere grazie al totale stravolgimento della logica congressuale insito nelle primarie, alle quali si è presentato (come gli altri candidati, del resto) senza alcun reale programma.

– Delrio ha portato “al comando” dei naïf che hanno stravolto la città con una miriade d’iniziative costose e discutibili, da Calatrava a Park Vittoria. Renzi addirittura ha collocato in posti di responsabilità gente che si è gloriata di non sapere nulla!

Se le cose stanno così, cioè l’operato di Renzi è largamente sovrapponibile a quello di Delrio, cosa possiamo attenderci da Renzi noi che abbiamo visto Delrio in azione per dieci anni? A mio avviso nulla di buono.

Fortunatamente, mentre Delrio ha potuto muoversi sapendo bene che l’elettorato locale d’origine comunista era ed è di bocca buona, e perciò disponibile a digerire tutto, il Renzie Show si propone ad un pubblico nazionale molto meno disposto a bersi in eterno le sue trovate, nonostante il suo diuturno sforzo pubblicitario che una stampa perennemente “al seguito” amplifica a tutto spiano. Meno disposto anche perché, diversamente di quanto avveniva dieci anni fa (e di quanto continua ad avvenire ancora a Reggio), oggi il web permette ad un numero crescente di elettori di rompere cupola del finto cielo della finta isola di Seahaven, come avviene a Truman nell’ultima scena del Truman Show.

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