Non è successo niente

Dino Angelini

 

1.4.13

 

Quasi un terzo degli aventi diritto non è andato a votare (il 25% dell’elettorato), o non ha votato per alcun partito (il 3%). Il PD ha perso una caterva di voti, e ancor di più ne ha persi il PDL. Il centro montiano è diventato un fazzoletto che ai bordi porta a malapena i segni araldici dei signori della finanza. Mentre il cavallo di Troia degli ingroiani, dentro al quale  -sperando di non essere riconosciuti dall’elettorato- si erano appostati i capi di quella che fu la sinistra radicale, si è rivelato per l’elettorato un cavallo di vetro fin troppo trasparente, e per ciò inaffidabile.

D’altro lato il Movimento 5Stelle ha avuto un exploit conquistando consensi che vanno sopra il 25% dell’elettorato. Il che per un partito che viene dal nulla è già qualcosa che non ha precedenti nella storia repubblicana. Ma, se a questo fatto si aggiunge la considerazione che Grillo si era mosso ostentatamente contro i partiti, ricambiato con pari moneta da questi ultimi, ciò che ne è derivato è la presenza di un vero e proprio fossato fra gli uni e gli altri.

Poi cominciano le elezioni dei presidenti delle camere, le prime azioni parlamentari, le prime schermaglie fra i partiti. Ed infine le consultazioni di Napolitano. E che succede? un insieme di movimenti e di operazioni dei singoli e dei gruppi che differiscono, anche di molto, sul piano dei contenuti e dei metodi, ma che nell’insieme sono caratterizzati da una immensa e convergente manovra gruppale centrata sul rendere non accaduto.

Ha cominciato Napolitano quando, avendo fissato la data delle elezioni per il 25 Febbraio, ha mandato implicitamente a ramengo il milione si firme per i due referendum sul lavoro; e poi quando ha raccomandato ai tribunali di soprassedere sui procedimenti che vedevano imputato Berlusconi. Lavoro? Giustizia? No, non è successo niente.

Poi Bersani riceve l’incarico e – “come se nulla fudesse”, Svanitello Svanite’ – si rivolge ai grillini e pretende ch’essi comincino a collaborare nientepopodimeno che per il cambiamento. E per giunta si presenta all’incontro in streaming insieme a Letta, che meno di un mese prima aveva detto “meglio votare per Berlusconi che per Grillo!”. Grillo populista? Grillo come, o peggio di Berlusconi? Noi?!  Ma dove?! Mai detto!

E il Berluska che salta a piè pari le vecchie ruggini che lo oppongono (si fa per dire!) ai “comunisti”, così come quelle più recenti nei confronti di Monti. Per pontificare sul governo di larghe intese. Comunisti? Montiani? “Mai coverti!” come disse il Manigoldo dell’Armata Brancaleone.

Napolitano congela Bersani e, in barba a quel po’ po’ di risultati elettorali, riesuma le vecchie mummie travestite da saggi. No, non è successo niente! Solo Bersani, tornato in Emilia col tortellino magico a contorno, pare per un momento rompere questo clima rarefatto e algido; ma poi subito torna nei ranghi a recitare la sua parte.

E dopo questo rapido passaggio (Oddìo! rapido? .. si: “rapido”) tutti i giornali a magnificare l’applicazione di quella pagina che – come dice un mio amico – alla sua (e alla mia) copia della Costituzione della Repubblica Italiana manca: quella con gli articoli che prevedono che il Presidente della Repubblica, nell’attesa della formazione dei governi,  possa nominare commissioni o gruppi di esperti. In modo da allontanare gl’incubi scalfariani e tornare “statu quo ante” senza tante chiacchiere.

Nel frattempo i grillini propongono un “piano di risparmio” di 42 milioni di euro l’anno per gli “onorevoli cittadini”, e tacciono sul resto. Anzi pare che approvino. Insomma fanno come il pianista del Titanic che continuava a suonare mentre la nave affondava. Cioè anche loro se la cantano e se la suonano come se non stesse succedendo nulla!

E infine noi che, di fronte a queste profonde e reiterate ferite inferte alla nostra democrazia, invece di darci da fare, stiamo qui a menarcela virtualmente e freddamente in rete.

Cosa significhi questo massivo ed unanime ricorso a difese miranti a rendere non accaduto ciò che minacciosamente viene rappresentato sulla scena è evidente per lo psicologo, ma anche ad ognuno di noi se solo facciamo attenzione a ciò che invece si muove dentro di noi allorché leggiamo i giornali, guardiamo la TV o entriamo in Internet. Si tratta – smentitemi se sbaglio – di un insieme di movimenti interni fatti di passioni forti: ira, rabbia, indignazione, risentimento, sdegno. Che nascono dalla intuizione che proprio in questi giorni, proprio in queste ore stanno attentando al vero cambiamento, per propinarcene uno di cartapesta che piaccia a lorsignori.

Vogliono convincerci che non è successo nulla. Ce lo dicono –come abbiamo visto-  in mille modi, ognuno dei quali mira però concentricamente ad innescare dentro di noi una anestesia dei sentimenti e delle emozioni di fronte a quella specie di golpe bianco e strisciante che la vecchia politica, sotto la regia dei signori della finanza, va apparecchiando, silente, da anni (almeno dalla lettera di Trichet) sotto i nostri occhi.

Ora però siamo ad un punto di svolta. I giochi si stanno facendo più scoperti. La rabbia che già si è espressa nel voto di Febbraio potrebbe montare, e debordare dalla rete in cui molti sono come incappati. Basterebbe poco per destrutturare i loro piani. È questo che li rende così attenti a smorzare i nostri sentimenti. – Se solo i grillini si dessero una mossa, invece di trastullarsi con i regolamenti parlamentari!

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