Gli Orazi e i Curiazi – Com’era bello il PCI

Dino Angelini

15.2.13

 

Sabato pomeriggio 2 Febbraio ero all’Astoria per la presentazione del bel volume di Giannetto Magnanini “I comunisti reggiani negli anni Sessanta”.  Dopo un discorso iniziale di Castagnetti infarcito di stereotipi sul funzionariato PCI (che poi per carità di patria nessuno ha ripreso nel dibattito) e di riconoscimenti postumi alla capacità dei comuni rossi di aggirare i vincoli di bilancio che la Dc e i suoi alleati centristi imponevano dal centro, è seguito un insieme di lucidi commenti “dall’interno” ad opera di molti protagonisti di quella stagione.

Mi ha colpito in particolare l’ancor viva fiamma della passione politica che proveniva dal discorso di Ione Bartoli, la puntualità della sue contestazioni, il richiamo al decisivo e misconosciuto contributo delle donne comuniste alla nascita del welfare reggiano. Ma poi anche la precisa scansione temporale di Bernardi, il suo richiamo all’azione corale presente anche intorno ai progetti e alle realizzazioni, a prima vista individuali, di Renzo Bonazzi; il suo richiamo ai progetti realizzati in quegli anni, in garbata polemica con alcuni acidi passaggi del discorso di Turci in cui si stigmatizzava (ancora!) una presunta “reticenza” di Magnanini nel ricordare lo scontro fra il PCI reggiano ed l’estremismo autoctono all’inizio degli anni ’70.

C’è una cosa però che mi spinge a ricordare questa serata. Una cosa segnalata peraltro in tutti gli interventi. Una cosa che dopo la domenica grillina, con Piazza Prampolini piena di giovani, diventa ancora più evidente: l’assenza quasi totale in platea di un pubblico di under ‘60. Un’assenza che a mio avviso ci parla e ci dice molte cose.

Ci dice innanzitutto che lì c’era un gruppo di padri e di madri nobili, portatori di un pensiero e di una parola che provengono da una tradizione “familiare” alta, ma che ormai non hanno più orecchie filiali in ascolto; che lì c’erano dei costruttori di una casa che tende sempre più ad essere abbandonata dalla propria discendenza.

Ci dice che quei figli ormai rivendicano altre ascendenze, poiché considerano questa loro prima appartenenza come impresentabile. Che essi si comportano con i propri genitori come fanno i parvenu quando si apparentano con una famiglia d’alto lignaggio, che non si chiedono mai in base a quale fraudolenta accumulazione primitiva è stato acquisito questo alto lignaggio; e che anzi – come la famiglia di Angelica nel Gattopardo – si danno maldestramente da fare per reclamare a sé un pedigree posticcio (abbiamo una banca!) che li faccia almeno assomigliare ai loro nuovi parenti.

Parenti che con loro si comportano come gli Orazi con i Curiazi: li inseguono e l’incantonano facendoli fuori uno per volta. L’ultima mossa omicida è quella di Monti: “Se volete fare un governo con me dovete separarvi dalla CGIL e da SEL”. Ma quante operazioni di questo genere sono state fatte in questi anni nel mondo della politica, della cultura, dell’informazione, dappertutto. Quante volte questi figli hanno dovuto abiurare alle proprie origini in questi anni! quanti rospi hanno dovuto ingoiare questi parvenu pur di apparire degni di questa loro nuova parentela! Mentre in un angolo – nascosti alla vista dei più – diventa sempre più ampia la coorte di vecchi genitori, di attempati parenti e affini, ritenuti ormai impresentabili, che però non rinuncia a pensare e a parlare, ma che ormai parla al vento: non è un parenticidio, ma poco ci manca.

La domanda finale è: come mai, di fronte a questa carneficina di idee e, soprattutto, di progetti e di realizzazioni i padri e le madri si sono fatti eliminare senza colpo ferire? Una delle risposte, penso, sia nella sopravvivenza dentro di loro di uno spirito di partito che rimane intatto nonostante le evidenze dicano che “quel” partito non c’è più, che le abiure del ’21 sono ormai infinite.  Un’altra sicuramente è nel fatto che il welfare, che era il cuore del modello reggiano ed emiliano, proveniva ampiamente – come ha ricordato Ione Bartoli – dauna variante femminile di quel progetto, la cui perdita evidentemente valeva bene “una messa” pur di tenere in piedi, insieme agli ex-democristiani, le amministrazioni locali reggiane ed emiliane. E fu così che anche qui, ad uno ad uno, i Curiazi locali sono stati incantonati e fatti fuori dagli Orazi locali di democristiana ascendenza, che stanno chiudendo il “pubblico” e riallocando il welfare locale da un’altra parte: privata per lo più. E spesso anche parrocchiale.

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