C’è un blocco sociale che da 25 anni governa Reggio

Lettera al Direttore della Gazzetta di Reggio, 1.3.19

 

Gentile Direttore,

chiedo la sua ospitalità per poter dire la mia su ‘incaricopoli’, o meglio su ciò che mi fa venire in mente quest’azione della magistratura reggiana, che ha liberamente agito, pare in base ad alcune sollecitazioni del M5S reggiano, ma non certo per conto di questo movimento. Ora non metto becco sugli aspetti legali della mancata ottemperanza delle ‘necessarie modifiche al regolamento’, sui quali indagherà e deciderà la magistratura. Ma non posso tacere che sul piano politico ad un ormai anziano ex-operatore della psichiatria, quale io sono, questo episodio appare come un lontano epifenomeno di un programma e di uno stile di governo che, a partire dalla nascita della seconda repubblica, ha sostanziato l’alleanza fra ex-DC ed ex-PCI un po’ dappertutto in Italia. Programma che in Emilia e Romagna ha condotto all’affossamento del vecchio modello di welfare: quello dei servizi, qui nato a partire dall’inizio degli anni ’60 per impulso degli amministratori comunisti e socialisti, e soprattutto dalla loro componente femminile. Stiamo parlando di gente come Velia Vallini, Lidia Greci, Renzo Bonazzi, Loretta Giaroni, Ione Bartoli, ecc.-

E’ noto che durante la prima repubblica in Italia vi furono due tipi di welfare: da una parte, nei territori amministrati dalla DC, il cosiddetto welfare dei sussidi; dall’altra in quelli amministrati dalla sinistra il welfare dei servizi. Nel primo caso la distribuzione – spesso di tipo clientelare – dei sussidi nel breve periodo creava consenso, ma alla lunga si rivelava incapace di dare delle risposte solide alle esigenze del territorio (vedi lo stato in cui versa ancor oggi la sanità meridionale).

Nei territori come il nostro invece la nascita dei servizi pubblici creò una rete di istituzioni territoriali che, oltre a rimanere nel tempo, sedimentarono una cultura dei servizi, e soprattutto contribuirono a erogare ai lavoratori quel ‘salario indiretto’ che si aggiungeva alla busta paga rendendola più pesante.

Con l’avvento della seconda repubblica, obnubilati dal fatto che quell’alleanza fra ex-DC ed ex-PCI presentava aspetti difensivi anti-berlusconiani, lì per lì non ci rendemmo conto degli aspetti strategici che erano impliciti in quel patto. Uno dei quali era, come pure disse subito a chiare lettere Romano Prodi, il passaggio al welfare mix: cioè alla privatizzazione dei servizi, all’abbandono del territorio ed alla nascita del privato ‘no profit’ e ‘profit’ nella sanità, nel sociale, nella prescuola, nella psichiatria, etc.-

Se si considera che tutto ciò è da mettere in connessione da una parte con la legge Bassanini che aprì la strada agli appalti ed alle assunzioni facili da parte della pubblica amministrazione, e dall’altra alla Legge Treu che aprì la strada alla precarizzazione del lavoro ed alla moltiplicazione dei profili contrattuali, si comprende quale parte abbia avuto a livello centrale il nuovo centrosinistra nel determinare la struttura locale del welfare mix. Laddove gli amplissimi e arbitrari gradi di libertà delle amministrazioni sul piano dell’uso delle risorse, resi possibili dalla Bassanini e dalle leggi successive hanno favorito la nascita a livello locale, cioè anche qui a Reggio E., di veri e propri oligopoli capaci di gestire il privato profit e no profit senza eccessive tensioni. Mentre la precarizzazione del lavoro ha permesso di rendere più economiche le prestazioni, ma anche – ed è ciò che più mi torna in mente riflettendo  su ‘incaricopoli’ – di assumere non più mediante pubblico concorso, ma in base a quel principio basato sulla “elargizione di favori in nome di un reciproco interesse” che volgarmente si chiama clientelismo.

Non ci eravamo accorti che la vecchia partizione fra welfare dei servizi e dei sussidi che nella prima repubblica aveva visto contrapporsi la sinistra e la DC, nella seconda repubblica vede uniti gli sbiaditi  eredi dell’una e quelli furbastri dell’altra parte all’interno del welfare mix, cioè di un modello basato su una specie di Cavallo di Troia, che apparentemente sposa la logica dei servizi, ma in effetti li impregna di una logica clientelare, che costituisce uno dei pilastri sui quali si fonda il blocco sociale che da 25 anni governa Reggio e l’Emilia tutta.

Penso che l’aspetto più aberrante della soluzione finale di quello che a Reggio fu uno dei modelli più significativi del welfare dei servizi italiano sia l’implicito incitamento alla corruzione delle coscienze dei giovani, che per ‘campare’ devono piegarsi alla elargizione di favori spesso autocondannandosi al un precariato perpetuo che, nel mentre li tiene legati ad potente di turno, li priva di futuro.

Perciò a mio avviso ha fatto bene il M5S locale a segnalare agli organi competenti quelle che appaiono come storture persino rispetto ai così laschi aspetti legali di fondo del welfare mix, poiché ci aiutano a mettere i riflettori su un problema politico. Un problema cioè che a mio avviso va ben al di là della mancata ottemperanza delle ‘necessarie modifiche al regolamento’.

Distinti saluti, Dino Angelini

(ringrazio il Direttore dela Gazzetta di Reggio per aver voluto pubblicare questo post)

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