Tasse e disabili: si guarda l’albero ma non la foresta

di Dino Angelini

 

Una delle ragioni in base alle quali il Comune di Reggio si accinge ad aumentare le tasse  comunali è “l’aumento dell’83,4 % di ore dell’assistenza scolastica per disabili dal 2014-2015 ad oggi” .

Ma quando noi operatori dei Centri di Igiene Mentale negli anni 70 chiedemmo a gran forza, ed alla fine ottenemmo la creazione della figura del docente sostegno per i disabili in età non c’era alcuna distinzione, come avviene oggi, fra la figura del docente di sostegno (a carico dello stato) e quella dell’assistente (a carico del comune).

Ricordo ancora i corsi di formazione voluti fortemente a Reggio dal compianto ispettore Masini, all’interno dei quali – con il concorso di molti operatori scolastici e psichiatrici (fra i quali il sottoscritto) – si formò una generazione di docenti di sostegno, che non faceva alcuna distinzione fra mansioni di ‘educatore’ e di ‘assistente’.

Le ragioni di fondo di questa scelta erano, da una parte, nel fatto che quanto più infantile è il comportamento del disabile in età evolutiva tanto meno fondata è la distinzione fra educazione e l’accudimento (come del resto avviene nei nidi); dall’altra nell’atteggiamento di collaborazione che mostrarono gli altri adulti – docenti e non – presenti in scuola.

Semmai ciò che allora avveniva grazie alla presenza di equipe sanitarie in ogni quartiere, era la definizione dinamica di piani riabilitativi affidati queste equipe (logopedia, fisioterapia, ortottica, etc.) che, al bisogno, integravano nei propri ambulatori le attività svolte in scuola, e che in ogni caso si mantenevano in stretto contatto con essa fornendo materiale ‘fresco’ per per l’aggiornamento periodico dei piani individuali.

Come al solito, è con l’avvento della seconda repubblica che comincia a farsi strada per motivi di tipo economico, e al di là di ogni considerazione clinica!, questa distinzione fra funzioni educative e assistenziali che ha prodotto una serie di risultati negativi che alla stragrande maggioranza dei genitori e agli stessi nuovi addetti sfuggono, ma che le famiglie dei disabili conoscono benissimo! La prima delle quali è proprio nel passaggio progressivo dei costi per il sostegno dei disabili dalle casse dello stato a quelle sempre più striminzite dei comuni.

La legge che istituisce questa artificiosa distinzione è del 1992, ma – almeno qui da noi – la consistente presenza di docenti di sostegno assicurata nei decenni precedenti, all’inizio minimizza l’uso degli ’assistenti’.

È con il trascorrere degli anni, e con il pensionamento della prima generazione di docenti di sostegno che aumentano progressivamente le spese per gli assistenti. E a quel punto i comuni reagiscono a questa nuova incombenza affidando al privato sociale quasi tutta la partita dell’assistenza.  

Privato sociale che intanto istituisce posti precari e sottopagati. E poi assume senza concorso, fornisce poca formazione, fino a giungere a istituire forme di contratto che – come ha messo in luce pochi giorni fa Giuseppe Caliceti –  somigliano sempre più all’attività di baby sitting pagati ad ore (è di questi giorni la richiesta degli assistenti lombardi di poter ottenere la cassa integrazione di fronte alla chiusura delle scuole per il coronavirus).

In questo modo si formano in regione vari carrozzoni privati, che normalmente operano in un sistema di oligopolio, ma che quando saltano gli equilibri oligopolistici risultano feroci concorrenti fra loro. E tali carrozzoni risultano sempre avere un grande portafoglio per remunerare gli apparati amministrativi e un misero borsello per remunerare chi svolge effettivamente il lavoro.

E, a fronte di questo andazzo, da una parte c’è l’AUSL che ha abbandonato il territorio e si è riempita di precari che non hanno alcun legame organico con le scuole e che perciò risultano sempre meno in grado di svolgere un’attività di consulenza puntuale. Dall’altra, qua e là, un rapporto fra nuovi docenti di sostegno e assistenti che, a causa della sproporzione di poteri degli uni e degli altri rispetto all’autorità scolastica, risulta sempre più problematico.

Fra l’altro questo aumento “dell’83,4 % di ore dell’assistenza scolastica per disabili dal 2014-2015 ad oggi” di cui parla il Sindaco risulta così massiccio da far pensare che in questi 5 anni scolastici o sono aumentate in maniera esponenziale le iscrizioni di alunni disabili, oppure l’amministrazione scolastica sta ulteriormente disinvestendo sui disabili, scaricando ‘vieppiù’ il peso del sostegno sul Comune.

In un caso o nell’altro una volta, nella non mai deprecata abbastanza Prima Repubblica, gli Enti Locali emiliani avrebbero fatto sentire la loro voce non caricando i cittadini di tasse, ma aprendo una robusta negoziazione con lo stato centrale. Se oggi invece si guarda l’albero e non la foresta è perché quella foresta è stata creata dalle stesse parti politiche che oggi chiedono l’aumento delle tasse per mantenere in piedi un sistema clientelare che non funziona.

1.3.20

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