Renzi e i feticci reggiani

di Dino Angelini

 

Lo psicoanalista inglese Donald Winnicott, esplorando il lento processo di separazione del neonato dalla madre e l’altrettanto lento processo di individuazione che ne consegue, ha rilevato la presenza di un’area intermedia all’interno della quale il bambino elegge un oggetto particolare (come la famosa coperta di Linus!), o mette in piedi una particolare cerimonia che gli permettono di andare da solo per il mondo e di rimaner calmo lungo questo tragitto poiché rappresentano (per lui ‘sono’) la madre. Ed ha chiamato rispettivamente quell’oggetto e quell’area come ‘oggetto’ ed ‘area’ transizionali.

Masud Khan sulle orme di Winnicott, che si era limitato a rilevare cosa accade al neonato figlio di una madre ‘sufficientemente buona’, ha notato come la presenza di una madre imprevedibile (cioè a volte troppo vicina a volte troppo lontana) dia origine ad una particolare area transizionale da lui chiamata ‘area feticistica’ che permette la separazione, ma non calma[1].

Come ha dimostrato più tardi Didier Anzieu, le stesse presenze sono riscontrabili anche nei gruppi in quei momenti in cui i singoli individui che compongono il gruppo perdono il proprio profilo individuale e si confondono nel gruppo agitandosi dietro ad un feticcio.

Ad esempio un gruppo di tifosi che corre dietro alle bandiere della propria squadra è composto da persone che in quel momento perdono il proprio profilo individuale (che magari poi ritrovano a casa dopo la partita) ma non si calmano, anzi!

Questa premessa un po’ tecnica per parlavi di ciò che mi è venuto in mente dopo aver letto del proposito di Renzi di far partire la propria campagna elettorale da Reggio Emilia, ed in particolare dal suo passato, rappresentato dai Sette Fratelli Cervi, e dal suo presente, raffigurato da Reggio Children.

Toh! – ho pensato – qui si staglia sulla scena un insieme fatto di feticci.

Il primo, e forse il più evidente, è quello dei Sette Fratelli Cervi, che già da tempo rappresenta un feticcio per quel treno revisionista – PDS, DS, PD – che ha preso a viaggiare lungo i binari del neoliberismo, in cerca sostanzialmente di altre madri ed altri padri, che essendo impresentabili alla propria base, devono essere nascosti dietro le vecchie bandiere, che – appunto – nei momenti solenni delle adunate permettono una massiva identificazione in ciò che per loro è diventato un vuoto feticcio, ma non calmano. Cioè non concorrono a definire un progetto che nasca sostanzialmente dalla reale coniugazione del passato comunista con il presente neoliberista.

Il secondo è Reggio Children che nel disegno renziano dovrebbe rappresentare il modello presente dal quale dovrebbe nascere il progetto futuro del suo PD. Ora si dà il caso che le scuole comunali per l’infanzia di Reggio Emilia nascano da una entità ‘materna’ che potremmo individuare nella Costituzione e nei movimenti femminili comunisti (e socialisti) degli anni ’50, ma poi lungo il proprio cammino di crescita siano diventate molte cose: e cioè un modello basato dapprima sulla gestione sociale, successivamente sul cognitivismo, e poi sulla teoria della complessità di Maturana e Varela. Mantenendo per tutto questo tempo un profilo incentrato fortemente sulla natura pubblica delle istituzioni prescolari: è di Malaguzzi la spinta a creare il Gruppo Nazionale Nidi (nella foto qui a fianco la prima riunione del Gruppo a RE), di fronte alla decisione delle istituzioni emiliano-romagnole di statalizzare le materne, già passata nella vicina Modena, ad esempio.

Poi, dopo l’articolo su Newsweek, c’è uno slittamento verso l’immagine attuale dei nidi e delle scuole per l’infanzia reggiane: quella rappresentata dalla ‘vetrina’ di Reggio Children.

Una vetrina che ha perso memoria delle proprie origini, che si è allontanata del tutto dal proprio alveo materno e, proprio come l’immagine dei Fratelli Cervi, si aggrappa  ansiosamente ad un feticcio, figlio di altre madri, a volte troppo vicine: è il caso delle fin troppo politiche figure che compongono gran parte del management di Reggio Children. Più spesso lontanissime: è il caso di quell’universo maschile della catena PDS, DS, PD, che non si è mai interessato ai problemi attuali dei nidi e delle scuole per l’infanzia reggiane, se non per farne merce di scambio con il privato cattolico d’area.

Ed ora non i Fratelli  Cervi, ma il  loro feticcio! non le scuole per l’infanzia e i nidi reggiani, ma il loro feticcio, rappresentato da Reggio Children, dovrebbero diventare nel disegno renziano la dimostrazione della legittimità della propria ascendenza materna social-comunista.

Due feticci che dovrebbero dare l’impressione della volontà  del PD renziano di rimanere fedele ai propri antenati, e cioè: – a quella Costituzione per la quale i fratelli Cervi sono morti, dalla quale sono nati gli asili nido e le scuole per l’infanzia di Reggio Emilia, e contro la quale proprio Matteo Renzi ed il suo PD si sono battuti un anno fa; – a quelle scuole che erano comunali ed ora sono sempre più impastate con il privato sociale d’area; a quel progetto che aveva fini compensativi affinché i figli degli operai potessero realmente – e non solo formalmente – accedere agli studi sul piano di parità con i loro più fortunati coetanei; e che ora sostanzialmente lasciano alle meno care scuole materne statali la cura dei figli dei migranti.

Insomma due totem da agitare ansiosamente sotto elezione, proprio come l’ansioso vagare in treno di Renzi lungo lo stivale!

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[1] E Hanna Segal – sempre sulle orme di Winnicott – ha individuato, di fronte ad una assenza sul piano emozionale della madre, la presenza di un’area autistica che fallisce su entrambi i piani.

 

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