L’amaca apatica e scocciata di Michele Serra

di Dino Angelini

 

amacaSull’amaca di Michele Serra qualche giorno fa è passato un pezzo in cui, a partire dalla constatazione di Raniero La Valle che vede nella riforma renziana “il punto di arrivo di una restaurazione il cui fulcro consiste nel trasferire la sovranità dal popolo ai mercati”, si giunge alla conclusione che “l’ombra della propria [generazionale] sconfitta non può e non deve ricadere su chi è arrivato dopo”,  cioè “sul gruppetto dei trenta-quarantenni” renziani, che il trasferimento di sovranità dal popolo ai mercati “se l’è trovato già bello e fatto” dalla generazione che l’ha preceduta, ed alla quale lui si annovera (il post dell’intera amaca è riportato qui a lato).

Ciò che ho provato -direi ‘a pelle’- nel leggerla è la sensazione di trovarmi di fronte ad un Michele Serra un po’ scocciato dalla lettura del testo di La Valle: tanto scocciato dal non accorgersi che tutti i suoi rilievi successivi alla frase citata erano già contenuti in essa: laddove si parla di riforma renziana come punto di arrivo di un processo; e soprattutto nel lungo e articolatissimo articolo di La Valle, che a mio avviso rappresenta uno dei più articolati a precisi argomenti a confutazione della controriforma renziana.

Ritornando in un secondo tempo al testo di Serra, e cercando di approfondire il discorso sulla ‘sconfitta’ c’è una cosa che emerge, il cui ricordo evidentemente disturba l’apatica visione del mondo e della storia di chi se ne sta ciondoloni a osservare il mondo dall’amaca del proprio disincanto. Una cosa fra l’altro cui lo stesso Serra allude allorché, forzando il testo dal quale è desunta, relega la lotta di classe ad un passato che secondo lui è già finito, e conseguentemente tende ad assolutizzare l’attuale vittoria del capitale. Cosa che si sono ben guardati dal fare tutti coloro (Gallino, Revelli) che a sinistra hanno cercato di analizzare e storicizzare le ragioni dell’attuale vittoria del finanz-capitalismo.

Un altro elemento sviante e banalizzante che deriva dalla visione “a bocce ferme” di Michele Serra è la disposizione del conflitto in termini generazionali. Quando invece sappiamo che ieri come oggi c’è stato in ogni generazione chi ha promosso il neoliberismo e chi lo ha avversato; chi ha contribuito a proporre le profonde trasformazioni che hanno attraversato la società italiana negli anni ’70 (non solo nel campo del lavoro, ma anche nella famiglia, nella scuola, nella sanità, nella psichiatria, etc.) e chi invece ha opposto una strenua resistenza ad esse, prendendosi una rivincita poi nella seconda repubblica.

E nella seconda repubblica ogni passo fatto in direzione della ‘rottamazione’ delle conquiste dei decenni precedenti ha visto una strenua e ‘intergenerazionale’ resistenza di parti consistenti della società; che -certo- erano sempre meno rappresentate dai partiti della sinistra tradizionale, ma che purtuttavia hanno continuato a far sentire la propria voce fino ad oggi. Insomma Serra confonde la sua resa personale con la resa di una porzione consistente della società italiana che invece continua a lottare. Una parte che -guarda caso- oggi combatte contro coloro che rappresentano “il punto di arrivo” della restaurazione, che come dice La Valle s’incarna proprio nel progetto di rottamazione della costituzione da parte di Renzi.

E è significativo a mio avviso che questa battaglia si giochi oggi proprio intorno al tentativo di affossarla. Perché a ben vedere tutte le vittorie più rilevanti cui accennavo prima sono avvenute nel solco della attuazione della nostra Carta. Così come tutte le resistenze possono ampiamente essere ascritte ad una ‘reazione’ che storicamente si è opposta alla sua attuazione a partire dallo stesso momento in cui la Costituzione è stata varata.

Si pensi al fatto che la istituzione della Corte Costituzionale -cioè di uno dei più importanti contrappesi previsti dalla nostra Carta – avvenne solo nel 1955. E si faccia caso al fatto che le più grosse vittorie sul piano della attuazione dei principi costituzionali e della loro trasformazione in leggi dello Stato (Statuto dei lavoratori, nascita delle Regioni, nuovo diritto di famiglia, istituzione delle materne e dei nidi comunali, divorzio, aborto, riforma della Scuola, legge Basaglia, etc.) sono avvenute dopo il ’68 e sono state attuate in maniera conseguente fino a che il movimento progressista ha avuto il sopravvento nella società.

Successivamente, specie a partire dalla Seconda Repubblica, abbiamo assistito ad un movimento di erosione, di svuotamento, e da ultimo di cancellazione dei diritti, che come dice la Valle è frutto della restaurazione neoliberista. Ed il fatto che l’opposizione a questo processo abbia avuto dei protagonisti ‘altri’, e non più il partito una volta cardine della sinistra -che anzi spesso è stato assente o addirittura dall’altra parte della barricata- può preoccupare solo chi ha una visione feticista del movimento progressista.

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