Il vento dell’Ovest

Dino Angelini

2.1.12

La buonanima del presidente Mao (che Confucio l’abbia in gloria) usava dire: “O il vento dell’Est prevale sul vento dell’Ovest, o il vento dell’Ovest prevale sul vento dell’Est”.

Lo so, è una affermazione alla Catalano! ma a volte in queste ovvietà si annida una sapienza arcana che solo con il passare del tempo acquista uno spessore e un’evidenza a prima vista occlusa ai più.

Il vento dell’Ovest, per Mao, corrispondeva a ciò che ai suoi tempi si chiamavano contraddizioni inter-imperialistiche e che oggi, più prosaicamente, potremmo definire come la guerra degli spread. L’Occidente contro i Bric che, pieni di soldi come ormai sono, ci possono comprare, e che già stanno comprando l’Africa fertile. E, nell’Occidente, gli Usa contro l’Europa sulla quale vogliono scaricare il peso del loro deficit e dei loro errori; la Germania über alles che vuol dettare legge sull’Ue e in special modo a noi latini rammolliti e spendaccioni, i francesi che s’incazzano … e Dio stramaledica gl’inglesi.

Ma soprattutto e sopra tutti – come afferma il vecchio cancelliere Schmidt – “le agenzie di rating e alcune migliaia di broker inclini alla psicosi (che) hanno preso in ostaggio i governi”, e che stanno spolpando – aggiungiamo noi – i popoli e gli stati come tanti lupi affamati, privatizzando e lottizzando il welfare, i beni comuni, la vita di tutti noi.

Ai tempi di Mao quando prevaleva il vento dell’Ovest era facile che si scivolasse da una primigenia guerra commerciale a una possibile, ma sempre secondaria guerra guerreggiata. Nel frattempo però ne è passata di acqua sotto i ponti e oggi l’impressione è che quegli stessi attori che qui da noi imperversano con la guerra degli spread in altri luoghi e in altri mari già da tempo siano passati a vie di fatto ben più cruente e mortali.

Negli ultimi anni, fregandosene altamente di rompere i delicati equilibri sui quali si fonda l’equilibrio alimentare africano, tutti questi stati e molti di questi “broker psicotici” hanno comprato a prezzi di saldo un pezzo di Africa fertile grande quanto la Francia. Tutti, con in testa i Cinesi e gli altri stati del Bric. Tutti, con molti broker italiani in prima fila, come ci ha fatto vedere due settimane fa Report.

Risultato: in Africa si muore di fame più di prima, ma chi se ne importa! Basta comprare, magari con moneta derivante dal surplus della contemporanea guerra degli spread, i governi fantoccio messi su ad hoc dai nostri pescecani della finanza.

E poi ci sono le guerre vere in cui dittatori sanguinari, fino a ieri amici degli amici, ora sono deposti e sempre velocissimamente uccisi, prima che aprano bocca: Saddam, Gheddafi, etc.

Insomma nella prima metà del Novecento il vento dell’Ovest si rafforzava in itinere: si cominciava con le folate della guerra commerciale per giungere all’uragano delle (due) guerre guerreggiate. Oggi invece assistiamo come a una compartimentazione: qui la guerra commerciale e, in contemporanea, lì la spoliazione neocoloniale, e lì ancora la guerra guerreggiata. Con un grande apparato mediatico che serve a vendere urbi et orbi tutto questo sfasciume come il non plus ultra della democrazia.

Dove condurrà questa deriva non è dato sapere. Ciò che diventa sempre più evidente è che, di fronte alla mano invisibile, impietosa e transnazionale dei mercati, nessuna forza locale da sola può prevalere; così come, di fronte alla tendenza all’acculturazione violenta di ogni contrada ai valori della metropoli (primo fra tutti quello di una “democrazia” esportata a suon di bombe), nessun “vento dell’Est” può prevalere se non diventa capace di coniugare il locale con il globale, rovesciando e rendendo orizzontali e reciproci i flussi della comunicazione. Essere glocal e appoggiarsi alla rete es la consigna!

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