Davide Serra, pilota

Dino Angelini

29.11.13

Il 26 novembre scorso, a Otto e mezzo, Davide Serra, il giovane guru della finanza amico e sodale di Renzi, ha esposto in termini chiari quali siano i propositi di questi novissimi dell’entourage renziano: la ripresa della guerra fra generazioni con l’assalto non solo alle pensioni d’oro, ma anche ai diritti acquisiti dei pensionati e l’esaltazione della funzione della finanza internazionale, che a suo avviso avrebbe agito con assoluta trasparenza e correttezza sui titoli taroccati e sugli altri nodi dolenti che sono all’origine della crisi.

Già Renzi in più occasioni ha dichiarato nei mesi scorsi la sua adesione all’operazione Fornero. Però senza mai osare attaccare i diritti acquisiti. Serra, invece, ha sostenuto che, data la crisi ancora immanente su di noi e vista la profonda ingiustizia in base alla quale i vecchi campano (ancora!) più al sicuro dei giovani, occorre demolire questo rudere dei diritti acquisiti per far cassa. Anche perché – aggiungeva Serra con la sua faccia furbetta – avete voluto il pareggio di bilancio in Costituzione? Sì, allora pedalate per recuperare 50 miliardi di euro per il prossimo anno. Altro che i 2 miliardi sui quali vi state scannando in questi giorni! (lui vive a Londra).

La trasmissione è finita con un assist del recente acquisto di Bilderberg – Lilli Gruber – che lo ha aiutato a tirar fuori dal cappello il suo personale e caritatevole contributo a ben settemila bambini africani. Che bravo! Con una mano vuole distruggere il welfare familiare italiano, che ammonta annualmente a 82 miliardi di euro e che rimane il principale ammortizzatore sociale italiano in base al quale le nuove generazioni sono aiutate di fronte alla crisi da quelle dei nonni e dei padri per sostenersi. Con l’altra allunga gli spiccioli ai bambini africani.

L’unica proposta seria fatta da Serra è quella di equiparare agli standard europei le tasse italiane sulle transazioni finanziarie. Stefano Feltri – che pure mi risulta essere un neoliberista – lo guardava esterrefatto e inutilmente cercava di farlo ragionare sui diritti acquisiti. Non c’era verso di fermarlo. Che dire? Se queste sono premesse sulle quali si baserà la politica renziana, siamo a posto.

D’altro canto – e per puro caso – ho avuto modo di ascoltare una relazione presentata alle giornate dell’audit parmense sul debito del 26 e 27 ottobre scorso: quella di Francesco Gesualdi. Ve la propongo qui sotto.

Mi piacerebbe commentarla con voi:  https://youtu.be/__AUtuKQnDE

Molte sono le cose che mi hanno colpito di questa interessantissima relazione.

L’Irpef che nel ‘74 nasce progressiva, così come prevede la Costituzione, con trentatre scaglioni, a poco a poco si contrare fino a cinque scaglioni e oggi diventa “regressiva” mano a mano che si passa dallo scaglione più basso a quello più alto. Fino a concentrarsi, proprio come dice Landini, su lavoratori dipendenti e pensionati. Che nel 2012 hanno pagato rispettivamente il 53% e il 27% di tutta l’Irpef.

La smentita di Gesualdi al discorso della Merkel che ci considera ancora oggi dispendiosi, quando la valanga del debito composto – come ha dimostrato Gesualdi – si è innescata nel crepuscolo della prima repubblica, e cioè fra l’80  e il ’92. Mentre oggi si continua ad aumentare le tasse (sui più deboli, come abbiamo visto) e si contraggono le spese per i servizi e gl’investimenti. Mentre evasione fiscale, economia criminale e prelievo sugli interessi del debito da parte della finanza internazionale, delle banche e delle assicurazioni ci fanno rotolare sempre più giù.

Fino a dove, viene da chiedersi. Una delle risposte date, sempre dal versante neo-liberista, è quella che candidamente ha esposto Monti alla Cnn l’anno scorso: “Stiamo effettivamente distruggendo la domanda interna attraverso il consolidamento fiscale. Quindi, ci deve essere una operazione di domanda attraverso l’Europa, un’espansione della domanda”.

Che vorrebbe dire: per non cadere nella brace greca, dobbiamo proseguire rosolando nella padella in cui ci troviamo attualmente, con i licenziamenti, gli attacchi al reddito dei lavoratori dipendenti e la precarizzazione del lavoro. Ma anche con la svendita del patrimonio pubblico (ai soliti pescecani della finanza, of course!). In modo tale che si creino le premesse per trasformare il paese in una specie di Cina de noàntri. Questo vuol dire Monti.

Una Cina de noàntri che, grazie agli squilibri fra offerta e domanda di lavoro, si disponga a produrre a basso costo merci che non abbiano bisogno di un’alta tecnologia, e che perciò siano esportabili nell’Europa di Serie A, in concorrenza con l’altra Cina.

Il progetto cioè è quello di pilotare l’Italia verso un atterraggio “morbido” (si fa per dire) che le permetta di regredire evitando derive greche. L’idea di Davide Serra di tagliare l’ultimo albero sul quale stanno seduti i giovani – quello del welfare familiare – mi pare molto coerente con questo proposito. Così come molto coerente mi pare il piano di dismissioni e di privatizzazioni proposto da Letta. Ancora dobbiamo impattare nei famosi vincoli di bilancio che abbiamo stoltamente messo in Costituzione, e che per l’anno a venire comportano una spesa di 50 miliardi di euro. Poveri noi!

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