Neoleghisti in salsa Pound al di qua del Po?

Dino Angelini

24.10.14

L’altra volta, agli esordi della seconda repubblica, il leghismo si presentò in tutto il Nord con una doppia faccia: quella della secessione contro “Roma ladrona” e quella del decentramento fiscale. Alle quali, una volta che il movimento giunse in Parlamento, se ne aggiunse una terza: nata dall’alleanza con Berlusconi e centrata sulla lenta trasfigurazione del leghismo in un partito “romano” come tutti gli altri.

Gad Lerner, che aveva compreso la capacità di presa del leghismo sul Nord, non si limitava ad ospitare spesso Bossi & Co. nelle sue trasmissioni, ma cercava di porre in evidenza quali fossero le tracce e le ragioni del loro percorso di espansione. Ed una cosa divenne subito chiara a tutti: le ritualità paesane che alludevano alla secessione erano innocue parate dietro le quali si ergeva, pesante, un particolarismo legato all’evasione fiscale, ad una immagine del decentramento sostanzialmente egoistico che si proponeva di escludere ogni forma di solidarismo, ed ad una acritica esaltazione delle capacità di crescita delle microimprese del Nord che, più che all’innovazione, badavano allo sfruttamento  e all’autosfruttamento. Ricordo ancora con profonda pena una serata in cui molti quindicenni del bergamasco si vantavano di avere abbandonato gli studi (che non servono a un ca..zo!) per i danèr.

Berlusconi li usava promettendo non la secessione, ma qualcosa che gli somigliasse, che non arrivava mai e che perciò, almeno agli occhi della loro base, giustificava il loro stare al governo. Per il gruppo dirigente leghista invece lo stare al governo con Berlusconi rappresentò una spinta alla romanizzazione non scevra – come abbiamo visto poi – di latrocini e soprattutto di vantaggi sia sul piano clientelare che su quello degli affari nei vari organismi di sottogoverno.

Per tutto questo periodo – terminato, come sappiamo, con la crisi del vecchio gruppo dirigente incalzato e perseguito dalla magistratura – scarsa è stata la capacità di penetrazione del leghismo da noi, al di qua del Po. Le ragioni di fondo di questa tenuta del centrosinistra a mio avviso – e come dicevano anche Ghelfi e Bonacini, autori di un bel testo sul leghismo in Emilia – è nel mix derivante da una parte da uno spirito di intrapresa dei nostri imprenditori molto meno rozzo di quello che muoveva gli industrialotti leghisti, dall’altra da quel solidarismo laico che era stata l’anima del movimento socialista e comunista, dopo le due guerre mondiali. Solidarismo che ancora faceva qualche presa su parte dei loro figli e nipoti.

Oggi, dopo la manifestazione milanese che ha visto i neoleghisti, insieme a Casa Pound, convogliare in piazza migliaia di persone, in molti si chiedono: qual è il profilo di questo nuovo aggregato che pare capace di unire separatisti e nazionalisti neofascisti, ispirandosi da una parte alla Le Pen, dall’altra all’autoritarismo del nuovo zar russo Putin? Quali le sue potenziali capacità di presa sul resto d’Italia?

Quest’ultima domanda deve essersela fatta già Salvini prima delle europee se è vero, com’è vero, che in quella occasione tentò una incursione nel profondo Sud, evidentemente proprio perché cercava di saggiare le possibilità di presa che il suo movimento nascente poteva avere in quelle terre (scarsissima, pare: visto che da più parti fu preso a uova marce).

Ora torna all’assalto forte dell’alleanza con i neofascisti. Alleanza che però, come dice Gad Lerner, lo costringe a mettere in sordina il secessionismo padano ed a cercare nuove derive identitarie e nuove alleanze a livello europeo, sotto il segno della crociata anti-euro.  “Ci troviamo di fronte a un disegno pericoloso, – dice Lerner – perché fomenta il rancore sociale, ma tutt’altro che campato per aria. L’alternativa di destra è un’ipoteca concreta che grava su tutto il vecchio continente, qualora precipitasse la disgregazione in corso dell’Unione europea”.

Un disegno populista, insomma, che si aggiunge a quello maggioritario e antiparlamentare di Renzi, e a quello sempre più ambivalente di Grillo che, probabilmente per spirito di concorrenza, subito dopo Milano si è rilanciato a destra con i suoi discorsi razzisti, fortunatamente non accolti dai suoi parlamentari.

Che cosa ci si può aspettare subito al di qua del Po da questo neoleghismo condito in salsa Pound? È difficile fare previsioni. Certo è che quelle condizioni che avevano permesso vent’anni fa un tamponamento del leghismo qui da noi cominciano e venire meno. Resiste nel tessuto sociale ed anche, mi pare, almeno a livello declamatorio, nel mondo dell’imprenditoria un’idea alta del significato che la formazione assume per favorire la crescita e lo sviluppo tecnologico. Ma chiunque frequenti i social media sa che anche fra coloro che appartengono alla sinistra moderata diventa sempre più marginale, mano a mano che la crisi morde il tessuto sociale, ogni riferimento al solidarismo.

Mentre la maggior parte delle intelligenze e delle energie che furono impiegate per favorire la crescita dell’industria qui in Emilia Romagna, trasmigrano nel mondo della finanza, che può investire qui o da qualsiasi altra parte del mondo senza alcun disegno che leghi l’impresa al territorio. E d’altro canto la crisi del welfare in questo lungo periodo di crisi ha colpito duro sui ceti più deboli, ma anche all’interno del ceto medio, privando la gente di quel “salario indiretto” proveniente dal welfare che era stato un altro dei volàni della crescita.

Strati crescenti delle popolazione qui da noi per ora sono stati conquistati dal populismo maggiore: quello antiparlamentare e plebiscitario di Renzi. Concordo però con Gad Lerner: la crisi dell’euro potrebbe anche qui condurre ampi consensi alla Lega-Nazione. Mentre penso che il M5S almeno in Emilia Romagna abbia finora conquistato i consensi che ha non tanto in base alla vocazione populista tipica del grillismo nazionale, quanto per uno spirito di reazione nei confronti della melassa imperante. Uno spirito che potremmo definire da indignados, che copre quello spazio che finora la sinistra radicale locale non ha saputo o voluto occupare.

Potrebbero interessarti anche...