Genesi politica dell’attacco alla democrazia

Un attacco alla democrazia: non è difficile individuare questo filo rosso che si dipana in tutte le riforme del Presidente del consiglio Matteo Renzi: dall’abolizione degli organi istituzionali elettivi delle Provincie, all’Italicum, al progetto di riforma elettorale che disattende in modo clamoroso la sentenza n.1/2014 della Corte Costituzionale, al progetto di riforma del Senato da Camera legislativa elettiva a Senato delle autonomie di nominati, al Jobs Act, che configura un attacco aperto alla contrattazione generale, alle rappresentanze sindacali, in una parola ai diritti dei lavoratori, allargando e istituzionalizzando la piaga del precariato a vita.

Un iter non facilmente spiegabile con l’esigenza di modernizzare e di semplificare la “governance” del nostro paese caduto per 20 anni in una specie di paralisi politica e amministrativa nella quale prosperano mafie, corruzione e malaffare.

La necessità di innovare non spiega né giustifica questo tipo di riforme, che invece di rendere la democrazia e la pubblica amministrazione più efficienti, le sottopongono a una torsione di tipo autoritario negando rappresentanza e sovranità popolare.

Né tantomeno vale la giustificazione che ce lo chiede l’Europa.

La motivazione di queste scelte va ricercata in un’ideologia che supera quella consueta del liberismo mercatista, che era tradizionalmente abbinato alle democrazie di tipo occidentale ed allo stato-nazione.

Ora i rapporti produttivi sono stravolti. La globalizzazione e la rivoluzione digitale pretendono gradi di libertà ben più elevati per il business e i profitti. Questo inevitabilmente va in conflitto con le norme e con le garanzie dello Stato di diritto, con i diritti costituzionalmente garantiti. C’è bisogno allora di governi autoritari che si assumano il compito di far passare scelte impopolari, come quelle imposte dall’Unione Europea negli ultimi tre lustri, che impongono pesanti forme di controllo sui bilanci e sull’economia degli stati.

A questi ultimi si trasferisce il debito creato dal trasferimento di ricchezza dalla produzione e lavoro alla speculazione finanziaria.

Il mantra che viene ripetuto fino allo stordimento è che non ci sarebbero soldi, per il welfare, per lo sviluppo, per il lavoro. In realtà ce ne sono e persino troppi, ma vengono costantemente drenati dalla finanza speculativa.

Valgano le cifre ormai note: nel mondo annualmente vengono spesi circa 20.000 miliardi di dollari per tutte le transazioni economiche connesse alla produzione e al commercio, mentre per il movimento di moneta a fini speculativi, circola una cifra 75 volte superiore. Di fronte a queste cifre si comprende facilmente quale sia l’origine dell’austerità.

La J.P. Morgan, una delle principali società finanziarie in un suo documento ha attribuito alle Costituzioni nate dall’antifascismo la causa principale, delle difficoltà economiche dei paesi del sud dell’Europa. C’è dunque un conflitto dichiarato fra il mondo degli affari e gli interessi reali dei popoli.

Ed è questo il motivo per cui il mercato globalizzato e finanziarizzato non è compatibile con democrazia e tutela dei diritti delle persone. Al punto che gli accordi di libero scambio, un tempo palesi, oggi sono segreti, superando la stessa potestà degli Stati. Il TTIP (Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti) e il TISA (Trade In Service Agreement – Accordo di scambio sui servizi) configurano una specie di Spectre finanziaria che agisce al di là del bene e del male senza alcun bisogno di legittimazione democratica.

Questo rappresenta uno dei fronti di lotta più caldi che ci aspetta da qui in avanti.

La politica di Renzi

Entro questi binari si muove la linea politica di Renzi, come ha mostrato anche nei suoi colloqui coi leaders dell’Unione europea, ai quali ha assicurato che l’Italia manterrà gli impegni, sia per quanto riguarda gli antichi parametri di Maastricht, sia le regole di bilancio ancora più stringenti previste nei trattati più recenti, il Two Pack e il Fiscal Compact.

Porsi su questa linea equivale a proseguire nella macelleria sociale attuata dai governi precedenti, in modo persino più feroce, dato che i parametri economici sono destinati a peggiorare e a generare ulteriore austerità, in un circolo vizioso che sfugge ad ogni controllo.

Renzi afferma che non bisogna temere “un uomo solo al comando” e che “le elezioni servono per decidere chi governa” confermando la miseria della sua cultura politica, e l’ignoranza della lettera della nostra Costituzione in tema di sovranità che “appartiene al popolo” e non “esercitata in nome del popolo”, o da questo “delegata”.

Renzi, col sostegno di tutti i centri di potere e le lobbies italiane, ha scelto l’opzione del governo forte, asservito alla finanza ed ai potentati europei, aggiungendo di suo una tecnica mediatica capace di confondere e distrarre i cittadini dai problemi reali.

Datemi più fiducia e più poteri, dice, i vostri problemi li risolverò io. Qualcosa del genere era già stato promesso agli italiani 20 anni fa. Ma questa volta è diverso, perché ora lo stesso inganno si ammanta di attivismo giovanile e apparenze di sinistra, creando omologazione e complicità a tutti i livelli a cominciare dal quello mediatico.

Il patto scellerato fra Berlusconi e Renzi non prevede alternative.

Su questo piano, data l’eterogenesi dei fini dichiarati, si apre un terreno sconfinato di contestazione e di conflitto che si farà sempre più chiaro man mano che le promesse mirabolanti si andranno a scontrare con la realtà.

Le Riforme

Riforma elettorale

Con l’Italicum Renzi confonde, pro domo sua, la funzione di rappresentanza con quella di scelta del capo dell’esecutivo.

L’art. 1 Cost. precisa anche che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione, confermando il principio che la legge elettorale è una delle forme essenziali mediante la quale si esplicita detta sovranità, e dunque non può essere subordinata agli interessi di chiunque detenga in quel momento la maggioranza. Il voto deve rimanere libero, personale ed uguale. L’elezione deve essere diretta, da rappresentante a rappresentato senza alcuna lista bloccata o costrizione partitocratica, senza alcuna mediazione di seconda istanza.

L’Italicum mantiene, invece, gli stessi vizi di incostituzionalità del Porcellum sotto diversi profili:

  • per l’indicazione del forte premio di maggioranza

C’è il rischio di produrre storture peggiori dell’abrogato Porcellum. Il partito che al primo turno non riesce ad ottenere il 35%/37% dei voti, necessari per ottenere il premio di maggioranza, si presenta al ballottaggio, vince il ballottaggio con altro partito similare ed ottiene così la maggioranza assoluta dei seggi.

Viceversa un partito che superasse mediante l’apporto di altri partitini in coalizione la soglia di sbarramento usufruendo anche dell’apporto dei voti dei partiti coalizzati, (che però non avendo superato il 4,5% non avrebbero rappresentanti), godrebbe, pur avendo ottenuto in proprio il 20%, grazie alla premialità della legge, di un numero di deputati superiore alla maggioranza semplice risultante dal ballottaggio.

Si produce in tal modo una profonda alterazione del suffragio, col paradosso che col 20% si otterrebbe una maggioranza più ampia che col 53 o 54%, (risultante dal ballottaggio).

  • per l’alto sbarramento 8% per le nuove forze politiche

L’8% significa, più o meno, 3 milioni di voti. Si può pensare che un paese democratico, che tale voglia ancora definirsi, lasci fuori dal parlamento forze che magari hanno raccolto milioni di voti non sufficienti tuttavia ad ottenere seggi? Non viene così meno il fondamentale diritto a essere rappresentati ?

  • per le liste bloccate

Le liste bloccate non consentono la scelta diretta dei cittadini, quindi sono invalide ex art. 67 Cost. in quanto prevedono l’intromissione di un partito, configurando un incongruo vincolo di mandato.

La Corte Costituzionale con la sentenza n. 1/2014 ha precisato che il diritto al voto, libero ed uguale, è un diritto in capo ad ogni cittadino e quindi passibile di tutela giuridica, anche senza che vi sia lesione di qualche altro interesse legittimo. In altre parole, ove si insistesse nel voler a tutti i costi imporre l’Italicum, ogni elettore avrebbe il potere di promuovere un’azione di accertamento dell’eventuale restrizione da parte del legislatore ordinario del suo diritto di voto. I singoli elettori potrebbero inondare i tribunali di controversie elettorali di accertamento, provocando un nuovo giudizio di eccezione di incostituzionalità della legge elettorale.

Anche questo può essere un valido e promettente terreno di lotta.

Riforma del Senato

Il disegno di legge in discussione in parlamento prevede che il nuovo Senato delle autonomie sarà composto da 100 Senatori, senza indennità parlamentare, ma con tutta una serie di rimborsi spese e facilitazioni (quindi con un risparmio assolutamente ridicolo, ammesso che questo possa essere una giustificazione per superare il bicameralismo perfetto).

Il nuovo Senato non controllerà il Governo, non voterà la fiducia né le leggi ordinarie, sulle quali potrà solo esprimere pareri non vincolanti (quindi completamente inutili). Voterà invece le norme costituzionali, parteciperà all’elezione del Capo dello Stato, dei membri di nomina parlamentare del CSM e della Consulta. I senatori saranno scelti fra consiglieri regionali e sindaci, 5 saranno nominati dal Presidente della Repubblica, rimarranno in carica gli attuali Senatori a vita.

Le nostre riserve riguardano dunque:

–       mancata elezione diretta dei senatori: essi sarebbero eletti indirettamente attraverso i consiglieri regionali in proporzione della consistenza dei gruppi consiliari. Verrebbe violato il principio fondamentale dello stato di diritto secondo il quale le leggi le fanno i rappresentanti diretti del popolo e non delle persone elette ad altri incarichi e che fanno i senatori part-time.

–       immunità dei senatori: l’immunità parlamentare è cosa ben diversa dall’insindacabilità, che riguarda eventuali reati inerenti opinioni e voti espressi nel corso dell’attività parlamentare. Amministratori locali e regionali in questi anni non hanno dato sempre il meglio della limpidezza, anzi scandali e malaffare sono sempre più all’ordine del giorno. La guarentigia costituzionale loro offerta funzionerebbe come deterrente per l’avvio delle indagini e sminuirebbe l’efficacia del controllo giudiziario. Non ci soddisfa, poi, l’ipotesi che la funzione di appello alla mancata autorizzazione, da parte della camera di appartenenza, ad arresti, perquisizioni, sequestri, intercettazioni venga attribuito alla Corte Costituzionale.

E’ un principio di tutte le democrazie pluraliste (anche quelle Presidenziali o semipresidenziali) che ogni potere debba avere un contropotere per controllarlo e limitarlo. Se noi concentriamo in un’unica Camera il potere legislativo, quello di controllo e fiducia sul Governo, avremo una concentrazione di potere in un solo organo reso ancora più evidente dalla legge elettorale (Italicum) che, stante le limitazioni dovute a sbarramenti e premi, porterebbe un’alta concentrazione di poteri nelle mani della maggioranza, se non di un solo uomo (come appunto preconizzato da Renzi). Bisogna anche tener conto che mai come in questi ultimi anni la funzione del Senato sia stata così preziosa, evitando che divenissero legge proposte aberranti di marca berlusconiana. Inoltre, da comparazioni con altri Paesi analoghi al nostro, la nostra produzione legislativa non risulta più lenta.

Elezione del Presidente della Repubblica

Malgrado si assicuri di non voler, per il momento, trasformare la nostra Repubblica parlamentare in Repubblica presidenziale, tuttavia dal quarto scrutinio in avanti la maggioranza, magari eletta col 30% dei voti più l’apporto di partitini, potrebbe tranquillamente eleggere un suo Presidente della Repubblica, vassallo del leader politico, facendo venir meno un’ulteriore funzione di garanzia del nostro sistema politico, un contrappeso molte volte essenziale nella vita della nostra Repubblica.

Elezione dei giudici costituzionali

L’art. 31 del ddl Renzi-Boschi paventa la possibilità che i giudici, 3 giudici alla camera e 2 al senato, siano eletti con maggioranza relativa. La proposta garantista di imparzialità attualmente prevede invece esplicitamente che i giudici siano eletti dal Parlamento in seduta comune.

Proposte di legge di iniziativa popolare

Si vuole fortemente limitare l’iniziativa popolare innalzando la soglia delle firme da 50.000 a 250.000.

Referendum abrogativo

Il numero di firme per la presentazione viene portato da 500.000 ad 800.000.

In conclusione con le riforme del governo Renzi si avrebbe un parlamento svilito delle sue funzioni senza il riequilibrio degli organi di garanzia e senza un rafforzamento degli istituti di democrazia diretta.

Che fare?

Probabilmente andando avanti dovremo assistere ad altre scelte scandalose che si assommeranno a quelle viste fin qui. Pensiamo che mobilitazioni di lotta su tutti i fronti siano necessarie oltre che per salvaguardare i diritti politici sanciti dalla Costituzione, anche per avere una qualche possibilità di praticabilità politica per il futuro che la promulgazione dell’Italicum renderebbe assai difficoltosa, se non proprio impossibile.

La nostra azione deve innanzi tutto tendere a coinvolgere altri soggetti politici, singoli cittadini, associazioni, forze sociali e sindacali, movimenti che abbiano una sensibilità democratica, per porre in essere a vari livelli ogni mezzo legittimo per bloccare questa deriva, magari anche con il ricorso alle elezioni a breve scadenza. C’è infatti da considerare che questo Parlamento espresso da una legge elettorale, il Porcellum, dichiarata dalla Consulta incostituzionale, non appare legittimato ad assumere provvedimenti di legge di valenza costituzionale.

Da ultimo occorre notare come la Consulta non si sia limitata a dichiarare incostituzionali parti della vecchia legge elettorale, ma abbia rappresentato che l’esclusione di quelle parti darebbe vita ad una legge elettorale coerente e perfettamente utilizzabile, quella che è stata per questo chiamata “Consultellum” che sarebbe di gran lunga migliore dell’Italicum voluto da Renzi. Ne nascerebbe un Parlamento perfettamente legittimo e realmente rappresentativo della volontà popolare. L’obiezione che viene fatta è che un Parlamento eletto col sistema proporzionale puro (in realtà l’unico compatibile con l’art 48 della Costituzione) porterebbe ad una situazione di ingovernabilità. Niente di più falso: l’Italia con una legge del genere è stata governata per ben 45 anni, con una forte partecipazione popolare e senza che ci fossero fibrillazioni a causa del sistema elettorale.

E’ vero che in quel periodo si sono alternati molti governi, ma non certo per mancanza di maggioranze, piuttosto per scelte divergenti all’interno dei partiti di maggioranza. E l’alternanza non si è avuta non a causa della legge elettorale, ma per la collocazione italiana nel blocco occidentale sul fronte della guerra fredda.

Ad ogni modo la continuità di governo si dovrebbe correttamente garantire in base all’accordo di programma.

La stessa seconda Repubblica ha avuto vita altrettanto travagliata.

La lunga governabilità può essere un valore se i governi cui dà luogo sono buoni governi, altrimenti è meglio che cadano subito. Quando poi la stagione berlusconiana è crollata (molto più tardi di quanto avrebbe dovuto) ecco che allora premi di maggioranza, sbarramenti e trucchi istituzionali non sono bastati a costruire governi stabili e duraturi. Dunque una delle fondamentali battaglie dovrebbe essere per un Parlamento realmente democratico espressione della sovranità popolare, e per una vera Repubblica parlamentare. Quella per il Consultellum è una buona battaglia che potremmo fare nostra.

Per concludere, dunque, le nostre proposte sono le seguenti:

–       costruzione di un fronte popolare di opposizione a queste riforme (manomissioni) costituzionali attraverso la promozione a livello locale, ma anche nazionale, di incontri con i cittadini, le associazioni (es. ANPI, Libertà e Giustizia, Salviamo la Costituzione, Comitati Dossetti, altri comitati per la Cost.) e i movimenti politici che condividono il medesimo obiettivo;

–       organizzazione a livello locale di campagne informative ed iniziative di sensibilizzazione della cittadinanza e a livello nazionale di una grande manifestazione (a settembre o ottobre) che si potrebbe tenere a Roma oppure in ogni singolo capoluogo di regione;

–       se l’Italicum dovesse essere approvato dovremmo farci promotori di azioni di accertamento dell’eventuale restrizione del diritto di voto per provocare un nuovo giudizio di eccezione di incostituzionalità della legge elettorale;un’altra strada potrebbe essere la promozione di una campagna per un referendum abrogativo accompagnato da iniziative di proposte di legge finalizzate ad aumentare la democrazia (ad es. sulla corruzione, sul conflitto di interessi, sulla trasparenza nei mezzi di comunicazione…);

–       Per le riforme di più stretta natura costituzionale, dovremmo impegnarci, se non possibile contrastarle efficacemente per altra via, in un’azione tendente a far sì che non passino in Parlamento con maggioranze oltre i 2/3, il che consentirebbe (con ogni probabilità consentirà) il ricorso al giudizio popolare mediante il referendum confermativo, che non richiedendo quorum potrà verificare, in termini di risultati concreti, l’efficacia delle nostre battaglie politico culturali sull’intera questione della democrazia.

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