Sull’astensionismo emiliano

Dino Angelini

5.1.15

Ch’io sappia un astensionismo di massa come quello che si è verificato qui da noi in Emilia Romagna non s’era mai visto. Sia per le dimensioni colossali dell’evento; sia per il fatto che – contrariamente a quanto avvenuto da altre parti – nessuna forza sociale lo ha predicato in campagna elettorale. Semmai in molti lo hanno temuto, fra l’altro senza minimamente immaginare le proporzioni che il fenomeno avrebbe assunto.

Si dice che solo all’interno di alcuni ambienti della CGIL, e sottovoce (molto sottovoce!), sia passato fra i quadri e gli attivi dei militanti un invito all’astensione. E sicuramente, a guardare le prime reazioni nei giorni immediatamente successivi qualcosa di vero ci deve essere in questa supposizione: basta riflettere sulla presenza della CGIL fra i promotori della clamorosa protesta, pochi giorni dopo il voto, sotto il portone del Comune di Reggio contro i super-stipendi di IREN per rendersene conto. Ma questi mal di pancia sindacali non bastano certo a spiegare le ragioni di ciò che è accaduto, che vanno ricercate in varie direzioni.

Ho avuto modo nell’arco di pochi mesi di raccogliere le firme per la presentazione delle liste della sinistra radicale – di cui faccio parte – e ciò che ho percepito è una profonda differenza nell’atteggiamento degli elettori fra l’Aprile e l’Ottobre scorsi.

In Aprile la maggior parte degli elettori del PD rifiutava di apporre la propria firma in appoggio alla presentazione della lista “Tsipras” con motivazioni legate al permanere in essi di una identità forte, cui si accompagnava spesso un atteggiamento denigratorio: “voi siete quelli che poi fanno vincere Berlusconi”, etc..  Mentre in Ottobre praticamente le stesse persone contattate in Aprile (raccoglievo le firme negli stessi luoghi in cui le avevo raccolte in primavera) avevano cambiato radicalmente le ragioni del proprio no: “siete tutti uguali!”, ci dicevano.

Cos’era successo nel frattempo?

Innanzitutto a mio avviso, in base all’operato del governo Renzi, la gente ha cominciato a capire la vera natura dell’Offerta Pubblica d’Acquisto fatta da Renzi sul PD: un’OPA che, attraverso il Patto del Nazareno e l’attentato alla Costituzione, sta facendo cambiare l’anima del partito e quella del paese. In secondo luogo le notizie sul malcostume e sulla corruzione, che non vengono più solo da Roma, dal Sud o da Milano, ma da Bologna, dall’IREN. Da casa, insomma. Ed infine la crisi ormai galoppante anche da noi. Galoppante e visibile anche da chi fortunatamente non è (ancora) direttamente coinvolto: basta vedere come stanno andando in questi giorni le spese natalizie.

La combinazione fra questi tre elementi “incendiari” ha prodotto il botto! Anche perché l’humus sul quale è caduta questa bomba ormai da tempo non predispone certo alla benevolenza nei confronti degli amministratori e dei politici il cittadino di sinistra non direttamente legato a qualche clientela, e magari precario o colpito dalle risposte renziane alla crisi (licenziamenti, cassa integrazione, ecc).

Qualcosa di simile deve essere successa anche a destra: il patto del Nazareno fra il Pregiudicato e lo Spregiudicato ha azzerato la differenze. Ha spento gli ardori patriottici. Ha reso il paesaggio politico italiano “come la notte in cui tutte le vacche sono nere”. Ha cementificato a livello di massa l’immagine di “una” Casta corrotta fin dalle fondamenta, in cui ci sono tutti, ma proprio tutti!! con la benedizione urbi et orbi di Napisan!

E ciò fa si che anche da questa parte il consenso sia come scarnificato e sempre più circoscritto a coloro che, contro ogni evidenza, continuano a giurare che Ruby sia la nipote di Mubarak.

Di fronte a queste evidenze, che ormai traspaiono nonostante una stampa “al seguito” sempre più prona, tutte le formazioni politiche perdono in ER porzioni più o meno consistenti del proprio elettorato. Siamo ad una svolta. All’emergere di un processo di disidentificazione che prelude a qualcosa di nuovo sia in regione, ma anche, e soprattutto direi, nel resto d’Italia. Qualcosa che lascia presagire una radicalizzazione sia a destra che a sinistra.

Octave Mannoni – lo psicoanalista francese che ha studiato questo processo tipicamente adolescenziale – sostiene che la disidentificazione sia una tappa del processo maturativo che  l’adolescente “deve” attraversare per diventare adulto: una tappa che per esigenze di individuazione e di autonomia prevede l’abbattimento (provvisorio) dei vecchi idoli dell’infanzia, rappresentati dai propri genitori, la cui presenza, finché si è adolescenti, viene vissuta come troppo afosa ed ingombrante.

Alla fine del processo però – di fronte a genitori che siano stati “sufficientemente buoni” – l’identità del neoadulto comprenderà e metabolizzerà, cioè farà proprie anche parti identitarie che provengono da questi vecchi idoli. E per questa strada una parte del passato trasfonderà nel futuro.

Il problema è che nel nostro caso i “genitori politici” dei cittadini che si sono astenuti in massa non lasciano alcuna eredità degna di far parte della nuova identità adulta verso la quale quei cittadini stanno andando. Con gravi rischi per la loro identità futura; così come per quella della regione e del paese.

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