Parchi giochi vendonsi

Dino Angelini

18.1.13

Ho letto nei giorni scorsi online il post: Comune di Bologna in crisi, i parchi giochi verso la privatizzazione – Dove si afferma, fra l’altro, “Portare i bimbi al parco, tra qualche anno a Bologna, potrà diventare un ulteriore esborso di euro. Questo il possibile scenario che tra i tagli della spending review e la ricerca spasmodica di vendita del patrimonio pubblico si presenterà ai cittadini che si recheranno in qualche parco giochi per far usare ai bimbi altalene e giostre”.

E dove si parla di privatizzazione dei parchi pubblici, sussidiarietà, affari in vista con gl’imprenditori e i produttori di giochi.

Il tutto perché palazzo D’Accursio spende per la manutenzione dei 1300 giochi cittadini circa 800.000 euro l’anno e – aggiunge l’assessore Patrizia Gabellini (che è una urbanista di chiara fama) – “questa cifra incide sul 10% del costo complessivo della manutenzione ordinaria e straordinaria degli spazi all’aperto della città affidata alla ditta Global Service. Spesa che non riusciamo più a permetterci. Giocoforza sarà non il sostituire altalene, cavallucci e giostre ma farli gestire direttamente da fondazioni bancarie, sponsor privati e persino gruppi di genitori che sappiamo pronti a farlo perché ce n’è pervenuta richiesta”.

Se ne deduce che fra un po’, se passa questa linea, i bambini di Bologna per giocare dovranno pagare una tassa.

Alcune considerazioni e alcune domande su questa notizia che mi lasciato allibito:

– Quindi fra un po’ giocare all’aperto a Bologna diventerà un privilegio dei figli dei ricchi. Una discriminante “di classe”. Una spesa che per i meno abbienti ribadirà il concetto (neoliberista) che spetta a loro (e ai loro bambini!!) pagare per la spending review.

– Tanti anni fa Dino Perego, in un suo lavoro sul gioco, per descrivere l’importanza dei grandi giochi all’aperto faceva l’esempio di un quartiere di Tokio, dove gli urbanisti (ah! Gabellini! Gabellini!) avevano dimenticato di disporre degli spazi in cui i bambini del quartiere potessero giocare: ciò che era accaduto – diceva Perego – è che quei bambini erano diventati mediamente pingui e ipotonici. Ebbene può essere che la Gabellini – una urbanista che insegna “Tecniche di Progettazione Urbanistica” all’università –  si dimentichi dell’importanza delle aree di gioco per la salute e per lo sviluppo psico-fisico dei bambini?

– Può essere che si presenti quel “10% del costo complessivo della manutenzione ordinaria e straordinaria degli spazi all’aperto”  quasi come “il” costo da tagliare. Quasi fosse uno spreco, anzi “lo” spreco?

– La giunta Merola ha continuato nell’opera di privatizzazione dei nidi e per le scuole per  l’infanzia; e ora si appresta a privatizzare gli spazi pubblici di gioco. Ma allora, di grazia – viene da chiedere a Merola e al suo assessore – se le vostre preoccupazioni per i bambini sono queste, quali sono le priorità di spesa del comune di Bologna?

Spero che il referendum contro la privatizzazione di nidi e materne che fra un po’ si terrà in quella città bocci le intese con i privati (per lo più clericali) messe in piedi negli anni scorsi. E che, ammaestrati da questa bocciatura, gli amministratori (e le amministratrici!) di Bologna cambino strada anche rispetto ai parchi giochi.

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